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Il Natale é nei Vangeli - Approfondimento

Ultimo Aggiornamento: 30/11/2010 18:27
25/01/2006 15:13
 
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"confutare:abbattere con abbondanza di argomenti e di prove l'altrui convinzione. esntenza o dottrina Ti sembra che quel sito lo faccia?"

Semplicemente si fa notare che questi "mitologi del cristianesimo" si inventano paralleli mai attestati. Dimmi: in quale testo antico si parlerebbe della morte e resurrezione di Mithra?

"anche perchè una mente come la mia, che ha trascorso anni , diciamo i migliori della mia vita, a studiare e cercare di capire non può sicuramente aver sbagliato"

Sei un antichista? E dove avresti studiato "nei megliori anni della tua vita"? In che università? Spero che la tua fonte non sia solo internet.

Ad maiora
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
26/01/2006 10:19
 
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"comunque , per noi che hanno fatto le medie , sei pregato di mettere link in italiano."

Senza offesa ma ritengo che il mondo antico sia un argomento assai complesso, specie la sua religiosità. Per trattarlo occorrono conoscenze adeguate, da acquisire o da soli tramite la lettura di qualche manuale universitario o frequentando l'università stessa. Non conosco link italiani che trattino dell'argomento, al massimo posso consigliarti qualche libro, se scientifico o divulgativo scegli tu.

"Quindi abbi almeno la bontà di non trattare tutti con superficialità ed arroganza."

Non mi sembra di essere mai stato superficiale o arrogante. E' forse una pretesa eccessiva che a parlare del mondo antico sia un antichista? Forse lasceresti costruire la tua casa da chi non ha mai studiato architettura? Le scienze antiche non sono un mondo aperto a tutti e di cui si possa parlare senza cognizioni. Io vorrei solo che prima di parlare di qualcosa la si conosca. E' chiedere troppo? Inoltre vorrei sapere se è arrogante chi come il sottoscritto si limita a dire che della Grecia parlano i grecisti, o chi invece senza conoscere gli argomenti e basandosi su fonti internettiane si permette di dire che la religione di metà pianeta è un imbroglio.

Ad maiora

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(Κ. Καβάφης)
26/01/2006 10:59
 
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No, darktrue. Al di là che il nostro Polymetis in effetti alle volte porta all'estremo questa considerazione, non ha detto che non puoi capire nulla ... se ti viene spiegato.

Se tu vai in Oriente Buddista o Induista, ad esempio, accarezzare o toccare la testa di una persona è considerata un atto assolutamente offensivo perché la testa (o la Mente) è considerato il livello più alto di una persona.

Se in Occidente qualcuno ti accarezza la testa, puoi dire la stessa cosa e cioé che ti sta "offendendo"? Non mi pare. Eppure il gesto è il medesimo. Se te lo spiego, lo capisci. Se non te lo spiego e non lo sai, il mettere a confronto lo stesso identico gesto non c'azzecca manco per gnente.

Se io ti dicessi che Gesù Cristo in realtà era una donna come minimo chiederesti dove sta scritto o dove l'ho sentita. E non ti basterebbe sapere che l'ho scopiazzato su Internet (come hai fatto sul 3D di Horus) ma chiederesti le fonti, giusto per poterle valutare. Altrimenti sono frasi assiomatiche ed autoreferenziate.

Ma se questo è il campo, è piuttosto strano che ti stupisca se i tuoi interventi suscitano perlomeno ilarità. Ma sono sicuro che questo lo abbia capito anche tu.

Qui non si tratta di valutare se chi ha scritto alcune cose sia laureato o meno. Siamo ancora al 1) voler sapere per 2) poi capire DOVE sarebbe scritto ciò.

---- Fine dell'introduzione ----

---- Inizio della domanda ----

Quindi Saulo di Tarso cultore di Mithra per convincere i pagani a diventare o rimanere ... pagani ... maschera il mitraismo di una religione cristiana. Oppure per convincere gli ebrei maschera sempre il mitraismo di cristianesimo per poi privilegiare ... i pagani.

In effetti ammetterai che ci hai raccontato un po' pochino, non trovi
[Modificato da Justee 25/12/2008 23:45]
03/02/2006 20:17
 
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Beh, se l'intuizione di Sandra è giusta allora anch'io sono d'accordo con Genyus!
Per liberarsi dalle catene delle tenebre senza Dio è necessario combattere l'ignoranza in cui veniamo a trovarci inizialmente. La conoscenza della Verità di Cristo ci permette di fuoriuscire dalle tenebri spirituali ed emergere alla luce.
Questo èerò è un processo che va rinnovato continuamente. Mai e poi mai bisogna credere di avere la Verità in tasca. Dobbiamo continuare a conoscere per raggiungere maggiore grado di libertà, vincenco anche la titubanza o il timore di mettere in discussione noi stesi e quello che noi sappiamo (come dice anche la mia firma).
Questo coraggio non lo trovermo mai da soli, ma scaturirà dal nostro totale affidamento a Dio. Egli ci aiuterà anche a rimetterci in discussione senza timore, poichè noi siamo suoi e ci lasciamo andare alla sua guida.
La verità non è qualcosa di statico ma è basata su una conoscenza progressiva, in grado di mettere in discussione anche i precedenti concetti raggiunti usando il modello del metodo scientifico
05/01/2007 17:59
 
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VATICANO
VATICANO - LE PAROLE DELLA DOTTRINA a cura di don Nicola Bux e don Salvatore Vitiello - Le date del Natale e dell’Epifania.

Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Numerosi studi sono stati pubblicati da circa un decennio sulla valenza storica delle coordinate geografiche e cronologiche dei vangeli di Matteo e Luca; ciò nonostante si continua a ridurre - come capita di ascoltare in diversi commenti anche dal forte impatto pubblico - i racconti dell’infanzia di Gesù a simboli, ed a ripetere che la data del 25 dicembre risale al IV secolo, quale risultato della ‘cristianizzazione’ della festa pagana del Sole invincibile, celebrata nel solstizio d’inverno che nell’emisfero boreale cade tra il 21 e il 25.
Se ne trae anche la conseguenza che la festa dell’Annuncio a Maria, il 25 marzo, è celebrata al solstizio di primavera (cfr. F. Manns, Sette domande sulla Natività, in Terrasanta, novembre-dicembre 2006, p. 13), quando è noto che nel II-III secolo, da Ippolito nel Canone pasquale e da Tertulliano nell’Adversus Iudaeos, è menzionata quale data della morte del Signore.
Quanto all’anno in cui Gesù è nato, si continua a ritenere scontata l’ipotesi che esso sarebbe da riportare sei anni indietro rispetto alla data del calendario corrente.
In tutte queste ipotesi, diventate tesi inconfutabili, ricorre sempre da parte dei sostenitori o dei ripetitori l’avverbio “probabilmente” ed i verbi sono prevalentemente al condizionale.
A partire dallo studio di B. Botte (Les origines de la Noël e de l’Épiphanie. Étude historique, Louvain 1932), si può dire con M. Kunzler che “contro l’ipotesi di un computo a riguardo, si è affermata la tesi che spiega il 25 dicembre in base alla storia delle religioni” (La Liturgia della Chiesa, Milano 1996, p. 55[SM=g27989]. Ecco un esempio di tale procedimento.
Dal 218 Eliogabalo aveva importato a Roma da oriente il culto del Sol invictus e la relativa festa, ma nel 276 l’imperatore Aureliano la trasferì al 25 dicembre. Secondo Manlio Simonetti il trasferimento operato da Aureliano era motivato principalmente dalla necessità di affermare l’unicità ed universalità del dio sole, con cui aveva inizio un tempo nuovo, quindi il nuovo anno, e deduce: “A questo punto si capisce facilmente perché i cristiani abbiano fissato proprio a questa data la celebrazione della natività di Gesù, inizio del nuovo decisivo tempo della storia, tanto più che li soccorreva anche il ricordo di Giove ‘bambino’ dei pressoché contemporanei Saturnalia, e soprattutto la suggestione del messianico “sole di giustizia” predetto da Malachia (3,20), identificato per tempo con Cristo e perciò diventato uno dei principali appellativi cristologici” (Dal Sole a Gesù, la lunga storia del 25 dicembre, in “Avvenire”, 21 dicembre 2006, p. 30).
Ora, però, si deve osservare che il trasferimento della data da parte dell’imperatore Aureliano doveva essere imputato a qualche ragione: quale?
Nel 395 d.C., san Girolamo, che viveva in un monastero nei pressi della grotta di Betlemme, scrive: “Dal tempo di Adriano [135 d.C.] fino al regno di Costantino, per circa centottant’anni, Betlemme, ora il luogo più sacro per noi e per tutta la terra […] fu oscurata da un boschetto di Thammuz, che è Adone, e nella grotta in cui un giorno pianse il Messia bambino, è stato pianto l’amante di Venere” (Epist. 5[SM=g27989].
Cirillo vescovo di Gerusalemme, scrivendo ancor prima, nel 348, ricorda che la zona era boscosa. Dunque, l’imperatore romano Adriano, il quale, dopo aver espulso gli ebrei, sulla Gerusalemme che Tito aveva distrutto, aveva edificato Aelia Capitolina, città pagana dedicata ad Aelios, il dio Sole, poté fare altrettanto a Betlemme: eresse sulla grotta venerata della Natività, al fine di occultarla, un tempietto a Thammuz-Adone, venerato dai contadini come la personificazione del seme che muore e rinasce a nuova vita; se vi fossero stati ebrei, non avrebbe potuto farlo; la grotta mistica doveva servire a commemorare il mito di Adone e in tal modo l’imperatore raggiungeva lo scopo di interferire prima, e bloccare poi, il culto giudeo-cristiano al “sole di giustizia” Gesù, apparso a Betlemme, l’Oriens splendore della luce eterna.
Però, come anche era avvenuto per i luoghi del Golgota e del santo Sepolcro di Gerusalemme, il sotterramento finì per rafforzare la memoria della tradizione locale, come attestano, nel sec. II, Giustino e, nel sec. III, Origene ed Eusebio. Proprio Origene annota che la nascita di Gesù in una grotta era nota anche ai pagani, mentre Eusebio dice che gli abitanti delle zone circostanti mostravano le grotte ai molti che si recavano a visitarle (cfr. Demonstratio evangelica: PG 22, 179-180; 539-540; 457-45[SM=g27989].
Furono i giudeo-cristiani, quindi, con la grotta “lucida” ovvero luminosa in senso mistico di Betlemme a dare inizio al culto di Cristo sol iustitiae, del lumen Christi, egli che aveva detto: “Io sono la luce del mondo”; questo accadeva ben prima del IV secolo. Infatti, la presenza del Salvatore nato nella grotta, da uno scritto giudeo-cristiano quale il Protovangelo di Giacomo (19,2), era stata segnalata da “una grande luce”. La luce apparsa a Betlemme, già insidiata dalle tenebre che non l’accolsero, doveva irradiarsi da altre grotte mistiche, come quella dell’insegnamento sul monte degli ulivi venerata appunto col nome di Eleona (dal greco ulivo); infine, la medesima luce doveva affrontare un mirabile combattimento nella terza e più grande grotta, quella del Sepolcro ai piedi del Golgotha e vincere la morte. Eusebio, vescovo di Cesarea al tempo di Costantino, quando, nel 326, le tre grotte furono ritrovate, ha illustrato tali “grotte mistiche”: “Tali grotte avevano avuto un culto nei tempi anteriori da risalire ai tempi apostolici, e Costantino non ebbe scrupoli di farle passare dalle mani dei giudeo-cristiani a quelle dei gentilo-cristiani, e costruirvi sopra una basilica” (B. Bagatti, Alle origini della Chiesa, Città del Vaticano 1981, p. 137).
La celebre pellegrina Egeria racconta, verso la fine del secolo IV, che a Gerusalemme si celebrava il Natale il 6 gennaio e la comunità si recava a Betlemme per la liturgia della notte (Itiner. 25): manca il foglio relativo alla descrizione delle cerimonie di Betlemme, che però potrebbero essere completate in base al Lezionario armeno (cfr. Egerie. Journal de voyage (Itinérarie), a cura di P. Maraval, Paris 1982 (SChr 296), pp. 250ss, n. 2): è un testo del V secolo che contiene i riti di Gerusalemme prebizantini.
Una prima conclusione è che la festa cristiana del Natale, come quella dell’Epifania, non ha la sua origine storica in Roma ma in Terra Santa.
A questo punto sorge la domanda: sono stati i cristiani ad aver “cristianizzato” la festa pagana del Sole invincibile o piuttosto sono stati i romani ad aver occultato prima il luogo e poi la data della nascita di Gesù?
Finora sono state formulate tre ipotesi circa la scelta del 25 dicembre come data del Natale di Gesù (cfr. Matias Augé, L’anno liturgico nel rito romano. Origine del Natale, in Aa.Vv., Scientia liturgica, edd. A. Chupungco, Casale Monferrato 1998, V, pp. 232-234):
1. celebrare l’anniversario della sua nascita, partendo dal presupposto che essa fosse sconosciuta. La data sarebbe “un’antica tradizione” - quella che la fa dipendere dall’altra del concepimento al 25 marzo che sarebbe pure la data della morte - che però non avrebbe determinato l’origine della festa, visto che nella Chiesa antica molteplici e differenti furono i tentativi di datazione della nascita;
2. cristianizzare la festa pagana per motivi apologetici. Per i cristiani era un’ipotesi impossibile quella di appoggiarsi ad una fantasia, ad una data simbolica, per confrontarsi ed esporre le ragioni della fede, la fede, inoltre, si confrontava con i filosofi e non con le religioni ed era presentata dai padri come la “vera filosofia”;
3. professare la fede nell’Uomo-Dio e lottare contro l’arianesimo, come si deduce soprattutto dallo sviluppo della festa fino a Leone Magno. Inoltre, un’idea di festa del Natale come sostituzione di un mistero cristiano ad un mistero pagano sarebbe in contrasto con quanto afferma Agostino proprio a proposito del Natale: “Non è celebrato il mistero, ma soltanto è richiamato alla memoria” (Epist. 55,1-2, CSEL 34,70): cioè, a differenza della Pasqua che riaccade in modo sacramentale, il Natale resta una memoria storica che ritorna ma non riaccade.
Ora, gli evangelisti Luca e Matteo sono venuti a conoscenza della data e del luogo della natività di Gesù da Maria e Giuseppe, e ne forniscono le coordinate in base ai molteplici calendari vigenti, greci, romani e giudaici, come annota l’ebraista Michele Loconsole in uno studio di prossima pubblicazione. Luca proprio all’inizio del vangelo ricorda d’aver condotto indagini accurate. Lo stesso vale per Giovanni. Tutto è stato trasmesso dalla famiglia di Gesù all’origine della comunità giudeo-cristiana, se si pensa a come gli abitanti di Betlemme indicassero ai visitatori il luogo della natività e presumibilmente anche la data; tradizione che sarebbe registrata implicitamente da Luca quando parla del censimento (Cfr. A.Ammassari, Alle origini del calendario natalizio, in “Euntes Docete” 45 (1992) pp. 11-16).
Si può sostenere fondatamente che Gesù sia nato intorno al 25 dicembre dell’anno 1 a.C., nell’anno 36° di Erode, nell’anno 42° di Augusto, nel 3°dell’olimpiade 194ª.
Allora come oggi, era l’impero con il suo calendario ufficiale a ritmare il tempo di cittadini e schiavi; quanti erano cristiani, com’è noto, vivevano inizialmente solo il dies Solis come dies Domini, cioè la domenica, ma “privatamente” nelle loro comunità; pian piano cominciarono a celebrare i sollemnia, le memorie annuali dei misteri del Signore dalla Pasqua al Natale.
Le feste cristiane si imposero con la conversione al cristianesimo di gran parte della società romana e nemmeno subito né stabilmente: basti pensare al tempo di Giuliano l’Apostata, oggi stranamente ma realmente riproposto con la festa di Alloween a confronto di quella di Ognissanti.

«Il Mondo non sarà mai abbastanza vasto, né l’Umanità abbastanza forte per essere degni di Colui che li ha creati e vi si è incarnato»
(P. Teilhard de Chardin, La vision du passé, in “Inno dell’universo”, Queriniana, Brescia 1995, p. 76)>>



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La storia conferma la nascita di Gesù il 25 dicembre -


Molti si interrogano se Gesù sia nato veramente il 25 dicembre. Ma cosa sappiamo in realtà sulla storicità della sua data di nascita? I Vangeli, come è noto, non precisano in che giorno è nato il fondatore del cristianesimo.
E allora, come mai la Chiesa ha fissato proprio al 25 dicembre il suo Natale? È vero, inoltre, che questa festa cristiana - seconda solo alla Pasqua - è stata posta al 25 dicembre per sostituire il culto pagano del dio Sole, celebrato in tutto il Mediterraneo anche prima della nascita di Gesù?
Cominciamo col dire che il solstizio d’inverno – data in cui si festeggiava nelle culture politeiste il Sol Invictus - cade il 21 dicembre e non il 25.
In secondo luogo è bene precisare che la Chiesa primitiva, soprattutto d’Oriente, aveva fissato la data di nascita di Gesù al 25 dicembre già nei primissimi anni successivi alla sua morte.
Dato che è stato ricavato dallo studio della primitiva tradizione di matrice giudeo-cristiana - risultata fedelissima al vaglio degli storici contemporanei - e che ha avuto origine dalla cerchia dei familiari di Gesù, ossia dalla originaria Chiesa di Gerusalemme e di Palestina.
E allora, se la Chiesa ha subito fissato al 25 dicembre la nascita di Gesù, abbiamo oggi prove documentali e archeologiche che possono confermare la veneranda tradizione ecclesiale? La risposta è si.
Nel 1947 un pastorello palestinese trova casualmente una giara, semisepolta in una grotta del deserto di Qumran, un’arida regione a pochi chilometri da Gerusalemme. La località era stata sede della comunità monastica degli esseni, che oltre all’ascetismo praticava la copiatura dei testi sacri appartenuti ai loro antenati israeliti. I monaci del Mar Morto produssero in pochi decenni una grande quantità di testi, poi nascosti in grandi anfore per salvarli dall’occupazione romana del 70 d.C.
All’indomani della fortunata scoperta, archeologi di tutto il mondo avviarono una grande campagna di scavi nell’intera zona desertica, rinvenendo ben 11 grotte, che custodivano, da quasi venti secoli, numerosi vasi e migliaia di manoscritti delle Sacre Scritture israelitiche, arrotolati e ben conservati.
Tra questi importanti documenti, uno ci interessa particolarmente: è il Libro dei Giubilei, un testo del II secolo a.C.
La fonte giudaica ci ha permesso di conoscere, dopo quasi due millenni, le date in cui le classi sacerdotali di Israele officiavano al Tempio di Gerusalemme, ciclicamente da sabato a sabato, quindi sempre nello stesso periodo dell’anno.
Il testo in questione riferisce poi che la classe di Abia, l’VIII delle ventiquattro che ruotavano all’officiatura del Tempio - classe sacerdotale cui apparteneva il sacerdote Zaccaria, il padre di Giovanni Battista - entrava nel Tempio nella settimana compresa tra il 23 e il 30 settembre.
La notizia apparentemente secondaria si è rivelata invece una vera bomba per gli studiosi del cristianesimo antico. Infatti, se Zaccaria è entrato nel Tempio il 23 settembre, giorno in cui secondo il vangelo di Luca ha ricevuto l’annuncio dell’Arcangelo Gabriele, che gli ha comunicato - nonostante la sua vecchia età e la sterilità della moglie Elisabetta - che avrebbe avuto un figlio, il cui nome sarebbe stato Giovanni, questo vuol dire che il Precursore del Signore potrebbe essere nato intorno al 24 giugno, nove mesi circa dopo l’Annuncio dell’angelo.
Guarda caso gli stessi giorni in cui la Chiesa commemora nel calendario liturgico, già dal I secolo, sia il giorno dell’Annunciazione a Zaccaria che la nascita di Giovanni.
Detto ciò, Maria potrebbe avere avuto la visita, sempre di Gabriele, giorno dell’Annunciazione, proprio il 25 marzo. Infatti, quando Maria si reca da sua cugina Elisabetta, subito dopo le parole dell’Arcangelo, per comunicare la notizia del concepimento di Gesù, l’evangelista annota: “Elisabetta era al sesto mese di gravidanza”.
Passo evangelico che mette in evidenza la differenza di sei mesi tra Giovanni e Gesù. E allora, se Gesù è stato concepito il 25 marzo, la sua nascita può essere ragionevolmente commemorata il 25 dicembre, giorno più, giorno meno.
Se così stanno i fatti - e la fonte qumranica li documenta - possiamo affermare senza tema di smentita che grazie alla scoperta della prezioso testo, avvenuto appena sessant’anni fa, la plurimillenatria tradizione ecclesiastica è confermata: le ricorrenze liturgiche dei concepimenti e dei giorni di nascita, sia di Giovanni che soprattutto di Gesù, si sono rivelati pertanto compatibili con la scoperta archeologica del Deserto di Giuda.
Cosa sarebbe accaduto se, per esempio, avessimo scoperto che il sacerdote Zaccaria fosse entrato nel Tempio nel mese di marzo o di luglio? Tutte le date liturgiche che ricordano i principali avvenimenti dei due personaggi evangelici sopra citati sarebbero diverse da quelle indicate dalla tradizione ecclesiale. E subito gli scettici, strappandosi le vesti, avrebbero gridato al mondo intero che la Chiesa si è inventata tutto, compreso la data di nascita del suo fondatore.
Ma l’indagine non è ancora terminata! Alcuni detrattori della storicità della data del Natale al 25 dicembre hanno, infatti, osservato che in quel mese - cioè in pieno inverno - gli angeli non potevano incontrare in aperta campagna e di notte greggi e pastori a cui dare la lieta notizia della nascita del Salvatore dell’umanità.
Eppure, quanti sostengono questa ipotesi dovrebbe sapere che nell’ebraismo tutto è soggetto alle norme di purità. Secondo non pochi antichi trattati ebraici, i giudei distinguono tre tipi di greggi.
Il primo, composto da sole pecore dalla lana bianca: considerate pure, possono rientrare, dopo i pascoli, nell’ovile del centro abitato. Un secondo gruppo è, invece, formato da pecore la cui lana è in parte bianca, in parte nera: questi ovini possono entrare a sera nell’ovile, ma il luogo del ricovero deve essere obbligatoriamente al di fuori del centro abitato.
Un terzo gruppo, infine, è formato da pecore la cui lana è nera: questi animali, ritenuti impuri, non possono entrare né in città né nell’ovile, neppure dopo il tramonto, quindi costretti a permanere all’aperto con i loro pastori sempre, giorno e notte, inverno e estate.
Non dimentichiamo, poi, che il testo evangelico riferisce che i pastori facevano turni di guardia: fatto che appare comprensibile solo se la notte è lunga e fredda, proprio come quelle d’inverno. Ricordo che Betlemme è ubicata a 800 metri sul livello del mare.
Alla luce di queste considerazioni, possiamo ritenere risolto il mistero: i pastori e le greggi incontrati dagli angeli in quella santa notte a Betlemme appartengono al terzo gruppo, formato da sole pecore nere. Prefigurazione, se vogliamo, di quella parte della società, composta da emarginati, esclusi, derelitti e peccatori che tanto piacerà avvicinare al Gesù predicatore.
In conclusione, possiamo dunque affermare non solo che Gesù è nato proprio il 25 dicembre ma che i vangeli dicono la verità storica circa i fatti accaduti nella notte più santa di tutti i tempi: coloriamo di nero le bianche pecorelle dei nostri presepi e saremo più fedeli non solo alla storia quanto al cuore dell’insegnamento del Nazareno.
di Michele Loconsole*
ROMA, lunedì, 21 dicembre 2009 (ZENIT.org).-
* Il prof. Michele Loconsole è dottore in Sacra Teologia ecumenica, Presidente dell’associazione internazionale ENEC (L’EUROPE – NEAR EAST CENTRE) e Vicepresidente della Fondazione Nikolaos e dell’Associazione Puglia d'Oriente. Ha pubblicato recentemente il volume “Il simbolo della croce. Storia e liturgia” (Bari 2009).

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