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Trinità

Ultimo Aggiornamento: 02/11/2020 11:42
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Età: 54
Sesso: Maschile
18/05/2011 18:15

Differenza tra natura e persona, tra creato e generato:


Bisogna accettare il semplice fatto che essere della natura del Padre o avere la stessa sostanza del Padre, pone Cristo molto al di sopra del rango di semplice creatura, occorre quindi avere chiaro in mente la distinzione tra creato e generato:

Il Figlio, in quanto tale, essendo il primo e l'unico Figlio di Dio (primogenito e unigenito sono termini biblici), non poteva che essere generato dal Padre, quindi era Dio come lui, avendo entrambi natura divina.
Un Figlio non si crea, si genera, ed è esattamente della natura di chi lo genera...
I testimoni di Geova ogni volta che leggono la parola "Dio" pensano a Geova o Yahweh (come lo si voglia chiamare) ossia al Padre, ma questa non è una cosa da dare per scontata.

"Dio" non indica solo un nome comune dell'entità divina, ma richiama la natura di colui al quale questo titolo è applicato. Avviene lo stesso per la parola "uomo” che indica sia l’ “essere umano” in generale come specie, sia la natura di ciascun individuo appartenente a questa specie:

Ognuno di noi è “uomo”, il figlio naturale di un uomo è uomo anch’esso, ossia condivide la medesima natura di chi lo ha generato; la stessa cosa avviene per Dio Padre:
Che Cristo sia "Il Figlio di Dio" lo dice tutto il Nuovo Testamento, egli non è un figlio di Dio, egli è IL, l'unico Figlio, il Padre stesso si scomodò per attestarlo davanti a molti testimoni, per ben due volte durante la vita terrena di Cristo:


Al battesimo:
LND Matteo 3:17 "ed ecco una voce dal cielo. che disse: "Questi è il mio amato Figlio, nel quale mi sono compiaciuto"."

Alla trasfigurazione:
LND Matteo 17:5 Mentre egli parlava ancora, ecco una nuvola luminosa li adombrò, e si udì una voce dalla nuvola che diceva: "Questi è il mio amato Figlio, in cui mi sono compiaciuto: ascoltatelo!".

Anche l'autore di Ebrei lo sottolinea all'inizio della sua opera:

IEP Ebrei 1:1 "Dio, che nel tempo antico aveva parlato ai Padri nei profeti, in una successione e varietà di modi, 2 in questa fine dei tempi ha parlato a noi nel Figlio, che egli costituì sovrano padrone di tutte le cose e per mezzo del quale creò l'universo."

Esamineremo la lettera di Ebrei in seguito, perchè il primo capitolo è di fondmentale importanza per capire la differenza che vi è tra il figlio di Dio e gli angeli.
Vediamo altri passi:

II Giovanni 1:3 “grazia, misericordia e pace saranno con noi da parte di Dio Padre e di Gesú Cristo, il Figlio del Padre, nella verità e nell'amore. “

Da queste scritture e da molte altre viene rimarcata una cosa importantissima:
Gesù è il Figlio unico di Dio Padre:

Giovanni 1:14 "14 E la Parola si è fatta carne ed ha abitato fra di noi, e noi abbiamo contemplato la sua gloria, come gloria dell'unigenito proceduto dal Padre, piena di grazia e di verità. "

Giovanni 3:16 "16 Dio infatti ha tanto amato il mondo, che ha dato il Figlio suo Unigenito affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna."

Giovanni 3:18 "18 Chi crede in lui non viene condannato; chi non crede in lui è già condannato, perché non ha creduto nel nome del Figlio Unigenito di Dio. "

1 Giovanni 4:9 9" L'amore di Dio si è manifestato tra noi in questo: Dio ha inviato il suo Figlio unigenito nel mondo, affinché noi avessimo la vita per mezzo di lui"

Già il nome di "unigenito"(monogenês) ci indica che egli è l’unico generato (o l’unico del suo genere), ma qual è la natura di questo unigenito Figlio?

Giovanni 1:18 "18 Nessuno ha mai visto Dio; l'unigenito Dio, che è nel seno del Padre, è colui che lo ha fatto conoscere. "

Questa scrittura risponde alla nostra domanda egli è Dio unico generato, Dio come lo è il Padre, dal quale procede per generazione appunto.

Nella letteratura giovannea questo titolo è oggetto di speciale interesse, ricorre infatti 25volte nel vangelo, 22 nella prima lettera, 2 volte nella seconda lettera, e 1 volta nell’Apocalisse.
Solo Giovanni inoltre fa dire a Gesù di essere figlio di Dio (Gv 10,36) e solo gli scritti giovannei aggiungono al titolo «Figlio» il termine «monoghenès-Unigenito» (Gv 1,14-18; 3,16-18; 1 Gv 4,9), che rivela una figliolanza speciale,unica. Infatti il termine viene applicato unicamente a Gesù e non è mai usato per altri uomini. Per l’evangelista, gli uomini sono i nati (téknoi) da Dio, ma
solo Gesù è Figlio di Dio (yiòs). E scopo del suo vangelo è proprio di far credere che Gesù è il Figlio di Dio e così «avere la vita eterna nel suo nome» (Gv 20,30).
Inoltre, poiché Gesù è il «Figlio di Dio» in senso unico, può dare ai credenti in lui «il potere di diventare figli di Dio» (Gv 1,12).
Perciò in Giovanni il titolo «Figlio di Dio», dato a Gesù, manifesta la sua speciale dipendenza nei confronti di Dio-Padre e la sua speciale funzione di rendere figli di Dio gli uomini.

Quando dopo la resurrezione egli scrisse "io salgo al Padre mio e Padre vostro" egli fece una distinzione importante tra la relazione che aveva lui col Padre e quella che avevano i suoi discepoli, i quali erano figli per adozione, se egli non avesse voluto sottolineare nulla, non avrebbe fatto questa importante distinzione, ma si sarebbe limitato a dire "salgo al Padre nostro".
Soffermatevi un attimo nel digerire questi concetti di natura e persona, perché ci saranno utili in seguito.
Bisogna capire inoltre che le scritture veterotestamentarie portate avanti dagli antitrinitari (e dai testimoni di Geova) per sostenere che "generato" e "creato" siano sinonimi, che poeticamente parlano della creazione come di generazione o parto (ad es. Salmo 90:2 o Giobbe 38:28), vanno prese per quello che sono: semplici allegorie poetiche, e non possono essere usate per descrivere termini in un’altra lingua di centinaia di anni dopo (mi riferisco ovviamente agli scritti sopra riportati in ebraico, in contrapposizione al Nuovo Testamento greco, iniziato a scrivere molto dopo dei libri sopra menzionati) del resto in quale stile letterario furono scritti i salmi e in gran parte Giobbe?
Non si usano forse stili poetici e metaforici?
O vogliamo credere che l’Iddio Onnipotente partorisca montagne?
Purtroppo i testimoni di Geova non tengono conto dei secoli che passano dalla stesura di un libro ad un altro e con disinvoltura per sostenere le loro tesi, usano scritture createsi in un contesto particolare come quello sopra riportato (del Antico Testamento), in un contesto lontano mille anni, in una cultura diversa e soprattutto con persone che avevano una teologia diversa (quelle del Nuovo Testamento appunto).
Però a questo punto ci si trova nella difficoltà, di far coesistere due dèi, uno il Padre e un altro il Figlio, come conciliare questa cosa col monoteismo?
Prima di affrontare come hanno risolto il problema i trinitari, esaminiamo come rispondono i testimoni di Geova:
Per scusare l'esistenza di due dèi, i testimoni prendono spunto da quella che era la teologia primordiale mono-latrica ebraica (credenza in più dèi, ma adorazione di uno solo) leggendo in wikipedia il significato di enoteismo e monolatria si scopre quanto segue:

"L'Enoteismo (dal greco antico εἷς θεός, "un solo dio") o Monolatria (dal greco μόνος, "unico", e λατρεία, "culto") è una forma di culto intermedia tra politeismo e monoteismo in cui viene venerata in particolar modo una singola divinità senza tuttavia negare l'esistenza di altri dèi accanto ad essa: non viene quindi negata l'esistenza di altre divinità, ma ne viene sottolineata l'inferiorità. I due termini differiscono nel fatto che nell'enoteismo, a differenza della monolatria, non è escluso che gli altri dei, per quanto inferiori, siano oggetto di forme di culto.
Si può intendere un'ulteriore divisione tra i due termini sul piano temporale: accade dunque che nell'enoteismo il culto di un unico dio, all'interno di un più vasto pantheon, sia un sistema momentaneo per avere favori nell'immediato, da quella determinata forza divina; nella monolatria questo schierarsi dalla parte di un'unica divinità risulta essere più longevo nel tempo, vera passerella per il monoteismo.
Si tratta, per questo motivo, di un concetto profondamente diverso da monoteismo, nel quale esiste un solo e unico dio.
...
La monolatria si può anche considerare, ma non sempre, una fase iniziale del processo di una religione verso il monoteismo, come lo è stato per il culto di JHWH professato dall'ebraismo
."

Infatti ci sono scritture dell'Antico Testamento che chiamano "dèi"(elohim) sia gli angeli che uomini potenti (i giudici), ma qualcosa non torna...
Ad esempio la scrittura chiave di Isaia 43:10 tanto cara ai testimoni di Geova e Isaia 44:6 dicono:

43:10 (NRV) " I miei testimoni siete voi, dice il SIGNORE, voi, e il mio servo che io ho scelto, affinché voi lo sappiate, mi crediate, e riconosciate che io sono. Prima di me nessun Dio fu formato, e dopo di me, non ve ne sarà nessuno. "

ancora:

Isaia 44:6 "Così parla il SIGNORE, re d'Israele e suo salvatore, il SIGNORE degli eserciti: Io sono il primo e sono l'ultimo, e fuori di me non c'è Dio."

È interessante come suona Isaia 43:10 nella LXX, alla lettera dica:

"Siate miei testimoni ed io testimone, dice il signore Dio, e il servo che io ho scelto, affinché conosciate e crediate e comprendiate che Io Sono. Prima di me non vi fu alcun Dio e dopo di me non ve ne sarà [alcuno]. Io sono Dio e non vi è Salvatore all'infuori di me".

Queste scritture sono inequivocabili: poteva esistere un altro chiamato "Dio" o "salvatore" accanto o fuori a Yahweh? No!
Alcuni definiscono i TdG politeisti ed essi cercano di scusare questa teologia in vari modi dicendo che Cristo è "Dio" nel senso di potente, o nel senso di rappresentante, ma quelle scritture sono chiare e smentiscono questa presa di posizione.
Dal momento che esistono entrambi i punti di vista in antitesi tra loro nell'Antico Testamento, l'unica soluzione è proprio quella che gli ebrei ebbero dei cambiamenti di vedute nella loro storia e gli scritti lo dimostrano chiaramente, si è passati dal "Dio degli dèi" (visione mono-latra) di Deuteronomio 10:17 al "solo ed unico Dio" (versione mono-teista) del deutero Isaia e questo in centinaia di anni di evoluzione teologica, i TdG invece si sono fermati allo stadio arcaico della monolatria ebraica (evidentemente gli fa comodo per sostenere e mantenere le loro bizzarre tesi antitrinitarie), senza cogliere l'evoluzione che gli ebrei (e i loro scritti), hanno avuto nel tempo: questo non è monoteismo ma monolatria!
Nel Grande Lessico del Nuovo Testamento (da ora GLNT) a cura del Kittel, (vol. IV pag. 404, una delle massime opere dell’erudizione tedesca), è scritto:
“Era impossibile per il pensiero rabbinico, che fossero figli di Dio”, ed è anche il motivo per cui la LXX spesso scolorisce il testo ebraico originale in cui invece era attestata la fase monolatrica con degli elohim disseminati ovunque, “In Ex. 4,16 Dio dice a Mosè “Egli è per te bocca e tu sei per lui Dio”.
I LXX indeboliscono il senso, σὺ δὲ αὐτῷ ἔσῃ τὰ πρὸς τὸν θεόν” (Tu (=Mosè) sarai per lui (= Aronne) gli affari relativi a Dio/la parola di Dio” N.d.R.)”.

Il testo del GLNT continua:
“Talvolta anche certi esseri celesti sono chiamati nell’AT elohim.
In tali casi, però, i LXX preferiscono deviare e parlare di angheloi (angeli)... per evitare ogni apparenza di politeismo. Questa è solo una piccola parte della violenta lotta contro il politeismo e l' idolatria, che dai tempo del Deuteroisaia è vigorosamente condotta nella letteratura apostolica, ellenistica e rabbinica.” (op. cit. pag 405).

Come si vede dèi fuori da YHWH, esplicitamente negati dal Deutero-Isaia, sono in odore di politeismo e dunque vengono evitati in modo progressivo.
Il GLNT sostiene anche che “Nella letteratura rabbinica è rarissimo che ci si riferisca a Sal 2,7; e il messia -indipendentemente dal testo vetero-testamentario- non è mai detto Figlio di Dio(…) A questi pochi riferimenti alla parola del Salmo si contrappone tutta una serie di espressioni polemiche dei rabbini, i quali accennano all’unicità di Dio e respingono chiaramente l’idea ch’egli possa avere un Figlio”. (Lemma hyios del GLNT, pag. 178).

Dalla monolatria al monoteismo:

Vediamo ora cosa hanno fatto i traduttori della LXX (diciamo a partire dal IV secolo a.C.) quando hanno incontrato passi che definivano gli angeli come "figli di Dio", in Genesi 6:2,4; Giobbe 1:6; 2:1; 38:7.
Per non creare problemi ai lettori ebrei di lingua greca, essi non tradussero questi passi nell'equivalente greco "hyioi tou theou" (figli di Dio) ma interpretarono con "angheloi" (angeli); perché fare questo se non ci fosse stata un evoluzione nell'uso del termine "Dio" o "Figlio di Dio"?
Se con il termine "Dio" e "Figlio di Dio" si indicava solo un rappresentante di YHWH o un essere creato da lui, che bisogno avevano i traduttori della LXX di interpretare quei passi?
Tornando alla parola "Dio" usata per "angeli" vediamo come si sono comportati in salmo 8:5.

LND (La Nuova Diodati, che si appoggia al testo ebraico masoretico):
" Eppure tu lo hai fatto di poco inferiore a DIO [lett. "agli dèi"], e lo hai coronato di gloria e di onore."
Lascio immaginare a voi come hanno tradotto quelli della LXX...
Ebbene si! lo vediamo anche nel parallelo di ebrei 2:7 (come sappiamo gli scrittori del NT leggevano il Antico Testamento quasi sempre dalla LXX): "Tu lo hai fatto di poco inferiore agli angeli; lo hai coronato di gloria e d'onore".


I giudei contemporanei di Cristo:

A parte la LXX (lontana comunque diversi secoli dalla stesura del testo ebraico originale) è interessante notare quale era il pensiero dei giudei contemporanei di Cristo riguardo le parole "Dio" e "figlio di Dio", perchè ci dovrebbe interessare quale era la loro teologia in merito?
Cristo nacque proprio in quel periodo storico e i suoi discepoli avevano quel tipo di teologia, ecco perchè conoscere come loro interpretavano certi termini, ci sarà d'aiuto per comprendere cosa capivano i discepoli di Gesù quando egli stesso faceva suoi determinati termini:
Come interpretavano il fatto, ad esempio, che egli stesso si autodefiniva "IL figlio di Dio"?

1) Giovanni 5:16-18:
"16 Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva queste cose di sabato. 17 Ma Gesù rispose loro: «Mio Padre è all'opera fino ad ora ed anch'io sono all'opera». 18 Per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non solo violava il sabato, ma diceva che Dio era suo Padre, facendo se stesso uguale a Dio. "

2) Giovanni 19:7-8:
"7 Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una legge e secondo la legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio». 8 Quando sentì questo discorso, Pilato fu preso ancor più dalla paura."

3) Giovanni 10:30-33
"30 Io e il Padre siamo uno». 31 I Giudei raccolsero di nuovo delle pietre per lapidarlo. 32 Gesù rispose loro: «Vi ho mostrato molte opere buone da parte del Padre. Per quale di queste opere mi lapidate?». 33 Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un'opera buona, ma per una bestemmia: perché tu che sei uomo, ti fai Dio». 34 Rispose loro Gesù: «Non è scritto nella vostra legge: Io ho detto: siete dèi? 35 Se ha detto dèi coloro cui fu rivolta la parola di Dio, e la Scrittura non si può abolire, 36 a colui che il Padre ha santificato e ha mandato nel mondo voi dite: "Tu bestemmi", perché ho detto: "Io sono Figlio di Dio"?

Come abbiamo notato chiamare Dio suo padre o definirsi "figlio di Dio" equivaleva per loro a "farsi uguale a Dio", essi comprendevano molto bene cosa era insito nella parola "figlio" e cosa voleva sottintendere Gesù, con quel termine, Di fatto, usare i termini "Dio" o "figlio di Dio" nel senso di rappresentate o essere potente, non apparteneva più agli ebrei, essi ascoltando quelle parole, giunsero all'ovvia conclusione che se Dio era suo padre ed egli era figlio di Dio, allora anche lui era "Dio" (nel senso che possedeva per natura la divinità, non che fosse il padre!) proprio come suo padre, questa era l'interpretazione dei giudei contemporanei di Gesù e questo smentisce le ipotesi che gli ebrei contemporanei di Cristo non conoscessero le implicazioni ontologiche dei termini "Dio" e "Figlio di Dio".

(L'ontologia, una delle branche fondamentali della filosofia, è lo studio dell'essere in quanto tale, nonché delle sue categorie fondamentali. Il termine deriva dal greco ὄντος, (òntos genitivo singolare del participio presente ὤν di εἶναι, èinai, il verbo essere) più λόγος, (lògos), letteralmente "discorso sull'essere")

Concetto di natura, eternità, creatura e creatore:


Bisogna comprendere come "l'essere per natura Dio" debba significare che Cristo abbia le stesse caratteristiche o peculiarità del padre, come l'essere umano ha delle caratteristiche che lo contraddistinguono in quanto uomo; ed è per questo che bisogna concentrarsi sul concetto dell'eternità di Dio.
Dio è eterno e quindi è un'altra cosa rispetto a ciò che è temporale, colossesi 1:16, parlando di Cristo dice:

"...TUTTO è venuto all'esistenza per mezzo di lui e per lui",

"Tutto" traduce il greco "Ta panta" che alla lettera significa appunto "il tutto" ovvero tutta la creazione, nulla escluso.

Quindi egli è al di fuori del "tutto" ciò che è stato creato, tempo e spazio inclusi.
I testimoni di Geova obiettano dicendo che quel "tutto" è relativo, perché per assurdo quel "tutto" avrebbe dovuto includere ad esempio il padre, cosa di per se assurda...
Fanno di tutto per sminuire questo fatto ed arrivano ad inserire tra parentesi quadre quello che nel testo greco non esiste:

Colossesi 1:16 TNM:

"16 perché per mezzo di lui tutte le [altre] cose furono create nei cieli e sulla terra, le cose visibili e le cose invisibili, siano essi troni o signorie o governi o autorità. Tutte le [altre] cose sono state create per mezzo di lui e per lui.17Ed egli è prima di tutte le [altre] cose e per mezzo di lui tutte le [altre] cose furono fatte esistere,18ed egli è il capo del corpo, la congregazione. Egli è il principio, il primogenito dai morti, affinché divenga colui che è primo in tutte le cose;19 poiché [Dio] ritenne bene di far dimorare in lui tutta la pienezza,20 e per mezzo di lui riconciliare di nuovo con sé tutte le [altre] cose facendo la pace mediante il sangue [che egli sparse] sul palo di tortura, siano esse le cose sulla terra o le cose nei cieli"


Inserendo arbitrariamente questo termine si fa credere al lettore che Cristo stesso sia una creazione, ma i tdg dimenticano che la parola "altre" esiste in greco anzi ne esistono tre! E sono allos, loipas, ed eteros, ad esempio nella famosa scrittura di giovanni 10:16 che i tdg conoscono a memoria è scritto:

"Ed ho altre pecore..." dal greco "kai allos probata",

oppure:

LND 2 Corinti 12:13 "In che cosa infatti siete stati da meno delle altre chiese" (dal greco loipas eckklesias"

NRV 1 corinti 11:34: "Quanto alle altre (loipas) cose, le regolerò quando verrò."

oppure:

NRV Efesini 3:5 Nelle altre epoche (greco ho eterais genetais)

Loro asseriscono che spessissimo “altre” è assente dalla scrittura e ci sono traduzioni che lo inseriscono in base al contesto e fanno degli esempi al riguardo, però se si esaminano bene quegli esempi si scopre che la presenza della parola o la sua assenza non altera il testo, mentre in tutti i casi che ho citato il testo viene alterato a partire proprio da colossesi citata sopra.
Se io scrivo:
"I testimoni e i gatti sono delle creature"
è profondamente diverso dallo scrivere:
"i testimoni e gli altri gatti sono delle creature"
Perchè nel primo caso i testimoni si distinguono dai gatti, anche se entrambi sono creature, nel secondo caso invece dico che anche i testimoni sono gatti!
Spero che con questo esempio abbia chiarito meglio cosa implica inserire altre in colossesi.

Se tale termine era così importante da stravolgere il senso del passo in questione, credete che Paolo non lo avrebbe inserito?

Comunque questa obiezione si può smontare in due maniere:

1) Dicendo "per mezzo" o "tramite" è escluso il padre, quindi l'obiezione non ha senso, inoltre sono sottintese "le cose", si sta parlando di TUTTA la creazione non della sola creazione fatta tramite Cristo, come se ce ne fosse stata altra.

2) Giovanni 1:3:

"Tutto per mezzo di lui fu fatto e senza di lui non fu fatto nulla di ciò che è stato fatto. "

Con questa scrittura Giovanni chiarisce il punto:

"Ogni cosa fatta...

(dal greco ginomai = ciò che viene all'essere, chi viene all'esistenza (si usa per persone (romani 1:3); per cose (Matteo 21:19); per eventi che iniziano (marco 4:37); ma soprattutto per cose create (questi stessi versetti che stiamo esaminando))

... è venuta ad esistere tramite Cristo", quindi per logica Cristo non può essere una cosa creata!
Il passo non dice: "non fu fatto nulla di ciò che è stato fatto da lui"; ma rimane generico:
nulla di ciò che è creato (o ha avuto un inizio), è venuto ad esistere senza Cristo.
Quale paradosso si crea ipotizzando che il logos sia creatura e non creatore?
Se nulla fu fatto di quello che è creato senza il Logos, anche il Logos se è creatura deve essere fatto dal Logos!

Trovo importante ripeterlo perché questa scrittura è un po’ la chiave di volta per capire chi e cosa è Cristo.
Il credo Niceno a proposito del figlio dice:

"...nato dal Padre prima di tutti i secoli"


Con sorpresa dei tdg, questa espressione è stata ricavata dalla scrittura stessa:

NRV 1 Corinti 2:6-8 "6 Tuttavia, a quelli tra di voi che sono maturi esponiamo una sapienza, però non una sapienza di questo mondo né dei dominatori di questo mondo, i quali stanno per essere annientati; 7 ma esponiamo la sapienza di Dio misteriosa e nascosta, che Dio aveva prima dei secoli[gr. pro ton aionon] predestinata a nostra gloria 8 e che nessuno dei dominatori di questo mondo ha conosciuta; perché, se l'avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria.."

IEP 2:7 "annunziamo una sapienza divina, avvolta nel mistero, che fu a lungo nascosta, e che Dio ha preordinato prima dei tempi per la nostra gloria."

L'espressione "prima di tutti i secoli" traduce il greco "pro ton aionon", per i niceni corrispondeva a "dall'eternità", infatti "prima dei secoli" poteva essere tradotto anche con "prima dei tempi" e prima dei tempi, il tempo non esiste, vi è appunto l'eternità:

Credo che chi fosse questa "sapienza divina" che Dio (padre) aveva prima dei tempi, questo "sacro mistero", è cosa scontata non è vero? Il “Signore della gloria crocifisso” è ovviamente il figlio:

IEP 1 Corinti 1:24 ma per i chiamati, sia Giudei sia Greci, è Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio.

Colossesi 1:26-27 26 "il mistero che, nascosto ai secoli eterni e alle generazioni passate, ora è svelato ai suoi santi. 27 A questi Dio volle far conoscere quale fosse la splendida ricchezza di questo mistero tra i gentili: Cristo in noi, la speranza della gloria. "

Spazio, tempo, eternità, immutabilità:

Riassumendo: se il logos in principio già esisteva e nulla senza di lui è stato fatto (riguardo alla creazione), questo vuol dire che egli è altro rispetto ad essa, ed è anteriore al tempo da lui stesso creato.

Ma se uno si trova prima del tempo, allora dove si pone?

In una dimensione dove il tempo non esiste, ovvero nella stessa dimensione di Dio padre, ovvero nell'eternità, una dimensione dove non esiste ne lo spazio ne il tempo, ecco perché di Gesù è detto che "è generato dall'eternità", che è coeterno al padre e allo Spirito Santo.
I tdg confondono la natura angelica con quella di Dio, ma questo non è possibile, se usassero un po’ di logica, capirebbero che essendo gli angeli parte di quel "tutto ciò che è nei cieli" che è stato creato per mezzo del figlio, ovviamente essi non possono essere della stessa natura di chi li crea, proprio questa differenza è fondamentale:
Cio che si genera riceve un passaggio di natura; ciò che si crea, si porta all'esistenza dal nulla.
Tutto Ebrei capitolo uno è stato scritto per smentire chi voleva far appartenere Cristo al genere angelico, basta leggerlo senza preconcetti, ma ci torneremo in seguito.
Torniamo ora al discorso temporale:

Salmo 102:25-28:
"25 Io dico: «Mio Dio, non mi rapire alla metà dei miei giorni. I tuoi anni si protraggono per generazione e generazione. 26 All' inizio tu fondasti la terra e opera delle tue mani furono i cieli. 27 Essi periranno, ma tu rimarrai; tutti loro si logoreranno come una veste, come un abito tu li muterai ed essi saranno mutati. 28 Ma tu sei sempre lo stesso e i tuoi anni non verranno mai meno.

Malachia 3:6
"Poiché io, il SIGNORE, non cambio"

Giacomo 1:17
"ogni cosa buona e ogni dono perfetto vengono dall'alto e discendono dal Padre degli astri luminosi presso il quale non c'è variazione né ombra di mutamento"

Quindi non è possibile che ci sia stato un tempo in cui il padre sia mutato generando il figlio o un tempo in cui non fosse stato padre, o non possedesse metaforicamente la sua parola o la sua sapienza (personificate nel figlio), anche perché del figlio è detto:

"Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e in eterno" (ebrei 13:8)

ancora:

"come un mantello li avvolgerai e saranno cambiati; ma tu non cambi, e i tuoi anni non avranno mai fine" (ebrei 1:12)

Notate l'interscambiabilità tra Yahweh e Cristo a proposito di queste scritture...
Come abbiamo visto sia il padre che il figlio sono immutabili, quindi non potevano trasmettere parte della propria natura in nessun tempo.
Prendendo in prestito le parole di un mio amico:

"La "mutabilità" implica la presenza del tempo, perché per essere prima qualcosa e poi qualcos'altro, deve per l'appunto essere trascorso del tempo. Ma giungiamo così all'assurdo di dover affermare che Dio ha qualcosa che lo sovrasta, cioè il tempo, di cui è prigioniero, qualcosa che non avrebbe creato, e che è sopra di lui. Al contrario, come è noto a chiunque abbia frequentato un liceo e conosca la relatività generale, il tempo non è un concetto astratto, con buona pace di Leopardi che pensava non esistesse, bensì è qualcosa indissolubilmente legato allo spazio, e non si dà uno senza l'altro. Se Dio ha creato lo spazio, deve aver creato anche il tempo.
Ma, se Dio ha creato il tempo, ne è fuori, e, se ne è fuori, non muta."

Quindi Cristo non può essere stato generato dal padre nel tempo o con il tempo, altrimenti il padre sarebbe mutato generando il figlio, avrebbe perso parte della sua natura o comunque ci sarebbe stata una mutabilità da parte del padre, contraddicendo la scrittura, l'unica spiegazione ragionevole è esposta nella dottrina trinitaria:
"Cristo è generato dall'eternità" (ci arrivarono per primi Clemente e Origene...), ossia da sempre e per sempre, la natura porta con se delle peculiarità proprie, la natura divina è eterna, ovvero è al di fuori del tempo e dallo spazio, Dio "è" in una dimensione eterna, il suo stesso nome lo indica: "Colui che è" questo gli ebrei lo hanno capito da secoli, chiedeteglielo pure e rimarrete sorpresi della loro risposta, quindi anche Cristo insieme al padre, essendo della medesima natura, è al di fuori del tempo e dello spazio (che lui stesso creò nel principio).

Clemente (II sec D.C. ovvero pochi anni dopo che è morto l'ultimo apostolo) nella sua opera gli Stromati dice: " Il Presbiterio spiegò il signíficato di "dal principio", dicendo che il principio della generazione non è separato dal principio del Creatore, perché quando egli dice "quel che fu dal principio" egli intende parlare della generazione senza principio del Figlio, il quale è coesistente col Padre ".

Ignazio nello stesso periodo aggiunse:

"Egli mandò il Verbo come sua grazia, perché si manifestasse al mondo. Disprezzato dal popolo, annunziato dagli apostoli, fu creduto dai pagani. Egli fin dal principio apparve nuovo ed era antico, e ognora diviene nuovo nei cuori dei fedeli. Egli eterno, in eterno viene considerato figlio" (Lettera a Diogneto 11:3-5) ca 160 d.C

Origene pochi anni dopo aggiunse: "Noi non diciamo, come ritengono gli eretici.. che il figlio è creato dal nulla dal Padre, in modo che ci fu un tempo in cui Egli non era, ma escludendo dall'invisibile e dall'immateriale ogni rappresentazione sensibile, noi diciamo che il Verbo, la Sapienza, è generato senza alcuna reazione corporale, precisamente come la volontà procede dall'intelletto... Come la luce non potrebbe esistere senza lo splendore, similmente non si può concepire il Figlio senza il Padre, poiché egli è la figura espressa dalla sua sostanza, il suo Verbo, la sua sapienza. Come si può dunque dire che ci fu un tempo in cui il Figlio non era? Equivale a dire che ci fu un tempo in cui non era la verità, in cui non era la sapienza, in cui non era la vita perché queste perfezioni appartengono all'essenza di Dio e non sono inseparabili dalla sua sostanza ".(cf DePrincipiis, libro IV, 28.)

Tertulliano aggiunse:

"Così ciò che è partito da Dio è Dio e Figlio di Dio e un Dio unico entrambi: secondo nell'ordine, costituì numero per grado, non per condizione, e dalla matrice non si distaccò, ma emanò. Orbene questo raggio di Dio, come per l’addietro era sempre preannunziato, in una vergine disceso e presa nel suo grembo forma di carne, nasce uomo unito a Dio. La carne, plasmata di spirito, si nutre, cresce, parla, ammaestra, opera: è Cristo" (Tertulliano, Apologetico 21:13-14) ca 197 d.C.

Ma qualcuno potrebbe obiettare che essendo gli angeli stati creati prima dell'universo materiale e quindi dello spazio-tempo, anche essi debbano considerarsi eterni.
Questo non è possibile perchè gli angeli hanno avuto un principio; ovvero dal "non essere" sono passati "all'essere", quindi hanno un loro tempo, sono mutevoli già per il fatto che hanno avuto un inizio e soprattutto non sono stati generati da Dio, ma creati:
Ricordiamoci che "tutte le cose nei cieli... le cose invisibili... autorità e potenze" sono state create da Cristo, è questa infatti la chiave di volta che separa le creature dal creatore, ed essi sono parte delle "cose nei cieli" create da Cristo stesso “al principio”.

I tdg sono rimasti invece ad una visione alquanto infantile (o se preferiscono "antropomorfa") di Dio, per loro egli è una persona spirituale che risiede in un luogo specifico al di la del nostro universo fisico:
Svegliatevi 8/03/2005 pag 20:

"Dio è una persona:
Gesù parlò del luogo di dimora di Geova quando disse ai discepoli: “Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore. . . . Vado a prepararvi un luogo”. (Giovanni 14:2) Dove andò Gesù? A tempo debito ‘entrò nel cielo stesso, per comparire dinanzi alla persona di Dio per noi’. (Ebrei 9:24) Questo brano ci insegna due cose importanti riguardo a Geova Dio. Primo, che ha un luogo di dimora specifico e, secondo, che è una persona, non semplicemente una forza indefinibile che risiede in ogni luogo.
Per questo Gesù insegnò ai suoi seguaci a pregare: “Padre nostro che sei nei cieli”, e a rivolgere così le loro preghiere a una persona, Geova, che si trova in un luogo, i cieli spirituali. (Matteo 6:9; 12:50) Questo insegnamento era in armonia con il modo in cui il popolo di Dio pregava da oltre 1.500 anni. I più antichi scritti ispirati contenevano la seguente preghiera: “Dalla tua santa dimora, dai cieli, sì, guarda e benedici il tuo popolo”. — Deuteronomio 26:15."


Questo invece credevano nel 1981 (W 15/8/1981 pag 6):

"Insegnando che Dio è onnipresente la cristianità ha creato confusione e ha reso più difficile per i suoi adoratori accettare Dio come una realtà. Com’è possibile che Dio sia presente in ogni luogo nello stesso tempo? Dio è una Persona spirituale, il che significa che non ha un corpo materiale, ma spirituale. Uno spirito ha un corpo? Sì, infatti leggiamo: “Se vi è un corpo fisico, ve n’è anche uno spirituale”. (I Cor. 15:44; Giov. 4:24) Essendo un individuo, una Persona con un corpo spirituale, Dio risiede in un luogo, per cui non potrebbe essere contemporaneamente in nessun altro luogo. In I Re 8:43 leggiamo che i cieli sono lo “stabilito luogo di dimora” di Dio. In Ebrei 9:24 ci è detto inoltre che “Cristo entrò . . . nel cielo stesso, per apparire ora dinanzi alla persona di Dio per noi”.

Dai tempi di Russell e Rutherford sono migliorati, loro credevano che Dio risiedesse nelle Pleiadi, nel nostro universo fisico e questo fino al 1953!

«...per questo motivo pensiamo che le Pleiadi possono rappresentare la residenza di Geova, il posto dal quale egli governa l'universo» (La Torre di Guardia del 15/6/1915).
«Per queste ed altre ragioni gli Studenti Biblici [i TdG] hanno ottime ragioni per ritenere che il trono di Geova Dio, il centro dell'universo spirituale, si trovi nella regione delle Pleiadi» (The Golden Age, 10/9/1924, pp. 793, 794).
«Si pensa con fondati motivi che ... una delle stelle della costellazione delle Pleiadi sia il luogo di dimora di Geova. Le Pleiadi sono il luogo dell'eterno trono di Dio» (Riconciliazione, p.14; 1928).
«La Bibbia sembra dimostrare che il trono di Dio nei cieli si trovi in una regione a Nord, vicino ad un gruppo di stelle chiamate Pleiadi» (The Golden Age, 16/5/1928, pag. 540).
«Il gruppo di stelle meglio conosciuto con il nome di "costellazione delle Pleiadi", situato a Nord, sembra essere indicato dalla Bibbia come il centro dell'Universo celeste, il luogo del trono di Geova dal quale esercita la sua suprema autorità» (Annuari del 1928 e 1929).


Essi non hanno ancora capito cosa significa il fatto che Dio sia eterno, ossia al di "fuori" del tempo e dello spazio, pregherei i tdg di rivedere seriamente questo concetto che non gli fa certo una buona pubblicità...

Affrontiamo un momento il concetto che hanno i testimoni di Geova del Figlio di Dio, una volta che è scomparso dai cieli per essere trasferito nel grembo di Maria.
Loro insegnano che Cristo uomo fosse Michele arcangelo fatto uomo, in più credono che nei tre giorni in cui era morto, semplicemente non esistette proprio!
Ma come possono conciliare le scritture che abbiamo citato sopra con questa teoria?
Rivediamole:

NRV Ebrei 1:3 Egli, che è splendore della sua gloria e impronta della sua essenza, e che sostiene tutte le cose con la parola della sua potenza, dopo aver fatto la purificazione dei peccati, si è seduto alla destra della Maestà nei luoghi altissimi.

NRV Colossesi 1:17 Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui.

Cosa accadde a tutte le cose create quando lui era uomo o quando mori?

IEP Ebrei 13:8 Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e nei secoli.

Come potè "essere lo stesso" se non esistette più in cielo e quando morì?

ebrei 1:12 "come un mantello li avvolgerai e saranno cambiati; ma tu non cambi, e i tuoi anni non avranno mai fine"

Se Cristo non cambia e non muta e i suoi anni non avranno mai fine, come potè scomparire dal cielo e non esistere per tre giorni?

IEP 1 Giovanni 1:1 Colui che era fin dal principio, colui che noi abbiamo sentito, colui che abbiamo veduto con i nostri occhi, colui che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato, cioè il Verbo della vita -- 2 poiché la vita si è manifestata e noi l'abbiamo veduta e ne diamo testimonianza e vi annunziamo questa vita eterna che era presso il Padre e che si è manifestata a noi --,

poteva "la vita eterna" non esistere più per tre giorni? Cosa significa eterna?

La dottrina della trinità tiene conto di questi aspetti, infatti fu solo l'uomo Gesù a morire, fu la natura umana del figlio di Dio a subire la morte, Dio il figlio, colui che non può mutare, la vita eterna, colui nel quale ogni cosa sussiste, in quanto Dio, rimase immutabile nella sua condizione divina, insieme al padre e allo Spirito santo.
[Modificato da (Mario70) 01/10/2014 10:22]
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