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Trinità

Ultimo Aggiornamento: 02/11/2020 11:42
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Età: 54
Sesso: Maschile
18/05/2011 18:39

1 Corinti 8:5-6:

"5 In realtà, anche se vi sono cosiddetti dèi sia nel cielo che sulla terra - e difatti ci sono molti dèi e molti signori
6 per noi c' è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene, e noi siamo per lui; e un solo Signore, Gesù Cristo, per mezzo del quale sono tutte le cose e noi siamo per mezzo di lui. "


I testimoni dicono: "lo vedete che qui si dice che solo il padre è Dio? come possono esserlo anche il figlio e lo spirito santo?".
Quello su cui non hanno ancora riflettuto è la continuazione del versetto, ovvero il fatto che anche Cristo è chiamato "solo Signore" ma sappiamo che anche suo padre è Signore (il VT dice "solo Signore") ed anche lo Spirito Santo è Signore come abbiamo visto sopra.
Quindi questa scrittura usa fare un "parallelismo paradossale" i titoli sono usati in senso assoluto, ma ogni titolo è applicato altrove anche alle altre persone trinitarie.
Il credo trinitario recita:
"il padre è Dio, il figlio è Dio e lo spirito santo è Dio ma non vi sono tre dèi bensì un unico Dio";
"il padre è Signore, il figlio è Signore e lo Spirito Santo è Signore, eppure non vi sono tre Signori ma un unico Signore".

Solo questa dottrina non fa contraddire quanto scritto da Paolo, i testimoni di Geova invece, commettono eresia (scelgono) quando interpretano la prima parte (solo il padre è Dio) in senso assoluto, mentre interpretano la seconda parte "solo Cristo è Signore" in senso relativo, vi sembra una cosa onesta?
Questa scrittura invece di distruggere la trinità non fa altro che rafforzarla, basta esaminarla in base al contesto neotestamentario.

Non sottovalutate come i padri della chiesa che succedettero agli apostoli, interpretavano i passi trinitari che la WT ha artefatto ad hoc svilendone il profondo significato, infatti testi chiave come Giovanni 1:1; tito 2:13; romani 9:5; giovanni 20:28; 1 giovanni 5:19,20; ecc... sono presi assolutamente in senso trinitario da loro e attribuiti al figlio e non al padre, e se lo facevano loro che parlavano la stessa lingua in cui è scritto il NT, un motivo ci sarà stato...
Accettare la traduzione di Giovanni 1:1 con "e la parola era divina" o "di natura divina era la parola" vuol dire accettare che la natura del figlio è quella del padre, ma se uno ha la natura divina, come viene chiamato se non "Dio"?
Le traduzioni che i testimoni citano a sostegno delle loro interpretazioni non fanno altro che avallare la dottrina trinitaria, ma il bello è che non se ne rendono conto.


Tito 2:13: “…l’apparizione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore Gesù Cristo…”.

Alla lettera:

προσδεχόμενοι (aspettando) τeν (la) μακαρίαν (beata) ἐλπίδa (speranza) καiὶ(e) ἐπιφάνειαν (manifestazione) τeς (della) δόξης (gloria) τοῦ(del) μεγάλου(grande) θεοῦ
(Dio) καi (e) σωτῆρος (salvatore) ἡemon (nostro) Χριστοῦ(Cristo) ἸYησοῦ(Gesù)

La TNM (e alcune altre minoranze) traduce: “…del grande Dio e del nostro Salvatore Gesù Cristo”,

Ma si tratta anche qui di una traduzione errata, perché non osserva le regole della grammatica greca della regola di Granville Sharp e tende (volutamente?) a distinguere le due Persone: Dio Padre "il grande Dio" e suo Figlio "e Salvatore nostro" , dicendo che quest’ultimo sarebbe “soltanto” il Salvatore.
Sharp afferma che quando la copula kai( congiunzione e) unisce due sostantivi allo stesso caso (( sostantivi, aggettivi o participi ), di descrizione personale, relativi a ufficio, dignita' ,affinita' o relazione, e attributi, proprieta' o qualita', buone o cattive) se l'articolo "ho", declinato a qualsiasi caso, precede il primo dei suddetti nomi o participi, e non è ripetuto davanti al secondo sostantivo o participio, il secondo nome e' sempre da riferire alla stessa persona espressa o descritta dal primo sostantivo o participio: denota una ulteriore descrizione della persona nominata in precedenza ( Sharp,1807,3)
Wallace ha affinato la regola suddetta e le differenze rispetto alla regola originaria sono sostanzialmente due:
1) La regola non si applica al greco utilizzato per la traduzione da un'altra lingua (ad esempio dall'ebraico al greco come nella LXX)
2) I sostantivi devono essere singolari non solo grammaticalmente ma anche semanticamente (cioe' non nomi generici, usati in senso generale o universale)

Nel nostro passo abbiamo la frase "tou megàlon Theù kài sotèros" che soddisfa interamente le condizioni della regola predetta: sia Thèu che sotèros sono al genitivo singolare e pertanto l’articolo tou, anch’esso al genitivo, va riferito ad entrambi i sostantivi. La traduzione della tnm sarebbe stata possibile e necessaria solo se il greco avesse eventualmente riportato la diversa frase tu megàlon Theù kài toù sotèros, con la ripetizione dell’articolo tou. Al di là di queste considerazioni esegetiche, si può anche sottolineare come la Bibbia non parli mai di un’apparizione (greco: epifanèia) di Dio Padre, nel Nuovo Testamento, il concetto della futura gloriosa manifestazione (επιφανειαν = epifaneia) è sempre applicato al Figlio e non al Padre (vedasi  2 Tessalonicesi 2,8; 1 Timoteo 6,14-15; 2 Timoteo 1,10-4,1-4,8)
Anche il contesto di Tt 2:13 non lascia intravedere quest’ipotesi, visto che la “grazia di Dio” è già apparsa in Gesù Cristo (v. 11). D’altronde, la qualità di Salvatore identificava Javè nell’AT e il figlio nel nuovo, pertanto non ha senso negare a Gesù l’attributo della deità e concedergli quello della salvezza, perché entrambi appartenevano solo a Yahve, nel nuovo testamento invece entrambi gli attributi sono applicati ad entrambe le persone divine, sono interscambiabili.

Un'altra prova del fatto che si sta parlando di una sola persona è data dal passo che segue subito dopo che è al singolare:

Tito 2:14 "Egli ha dato sé stesso per noi per riscattarci da ogni iniquità e purificarsi un popolo che gli appartenga, zelante nelle opere buone."

Essendo al singolare è logico supporre che al verso precedente la persona fosse una e non due, è inoltre ovvio che si parli di Cristo dal momento che si dice che "ha dato se stesso per riscattarci".

Come leggevano questo passo i padri di lingua greca?

Ireneo di Lione (140-200 d.C.) nella sua opera Contro le eresie (I, 10, 1-3), dove sottoliena la continuità del messaggio apostolico esistente nella chiesa del suo tempo (in contrasto con le "novità" presentate dagli eretici) scrisse:

"La Chiesa, sparsa in tutto il mondo, fino agli ultimi confini della terra, ricevette dagli apostoli e dai loro discepoli la fede nell'unico Dio, Padre Onnipotente, che fece il cielo e la terra e il mare e tutto ciò che in essi è contenuto (Atti 4,24). La Chiesa accolse la fede nell'unico Gesù Cristo, Figlio di Dio, incarnatosi per la nostra salvezza. Credette nello Spirito Santo che per mezzo dei profeti manifestò il disegno divino di salvezza: cioè la venuta di Cristo, nostro Signore, la sua nascita dalla Vergine, la sua passione e risurrezione dai morti, la sua ascensione corporea al cielo e la sua venuta finale con la gloria del Padre. Allora verrà per ricapitolare tutte le cose (Efesini 1,10) e risuscitare ogni uomo, perché dinanzi a Gesù Cristo nostro Signore e Dio e Salvatore e Re (Tito 2,13), secondo il beneplacito del Padre invisibile "ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra e ogni lingua lo proclami" (Filippesi 2,10) ed egli pronunci su tutti il suo giudizio insindacabile."
Leggevano Tito allo stesso modo anche: Cipriano, Al fratello Cornelio, lettera 51; Giovanni Crisostomo, Omelie su Tito, V; Atanasio, Lettera ad Adelfio, 6; Agostino, Collatio cum Maximino, 13 («Inoltre il Figlio, secondo l’Apostolo, è Dio non piccolo, ma grande, come dice san Paolo: Nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo».

Una evidente citazione di Tito 2,13 è poi contenuta nel Secondo Concilio di Costantinopoli (553 d.C.) che inizia con le parole. "Il grande Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo (Tito 2,13).

Comunque, sempre su Tito 2,13, riporto un interessate commento del noto biblista Raymond E. Brown tratto dal suo libro Introduzione alla Cristologia del Nuovo Testamento:

Tt 2,13: «... la manifestazione della gloria de(l) grande Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo». Sono possibili tre interpretazioni delle parole in corsivo:

(a) «la gloria del grande Dio e del nostro Salvatore Gesù Cristo». Quest'interpretazione, che separa chiaramente «il grande Dio» e «nostro Salvatore Gesù Cristo», in realtà non è favorita dal greco, che lega insieme le tre parole «Dio e Salvatore». Ancora una volta, si può sostenere che «nostro Salvatore Gesù Cristo» fosse una formula di confessione tanto comune da poter automaticamente essere pensata come un'entità separata da 'Dio'. Comunque l'argomento è meno convincente qui di quanto lo fosse in 10, poiché in 2 Ts 1,12 la collocazione di «di noi» separa i due nomi. Inoltre la separazione proposta in quest'interpretazione di Tt 2,13 significa che l'autore sta parlando di una doppia futura apparizione gloriosa, una di Dio e l'altra del Salvatore Gesù Cristo. Non c'è nessuna reale testimonianza nel NT per una doppia epifania.

(b) «la gloria del nostro grande Dio-e-Salvatore, la quale (gloria) è Gesù Cristo». Quest'interpretazione segue il greco nell'intendere insieme «Dio e Salvatore», ma applica il titolo composto al Padre. Gesù Cristo (grammaticalmente in apposizione a «gloria») è ritenuto rappresentare la personificazione della gloria di Dio Padre. L'obiezione a quest'interpretazione è la stessa incontrata in 9, dove ci occupavamo dell'interpretazione (c) di Col 2,2-3; precisamente ci aspetteremmo in greco un «il quale è» esplicativo. Diversamente non c'è un reale ostacolo ad applicare il titolo 'Salvatore' al Padre; infatti altri passi in Tt (1,3; 2,10; 3,4) parlano di «Dio nostro Salvatore» (in contrasto con 1,4 e 3,6, che parlano di «Gesù Cristo nostro Salvatore»). Né si può obiettare all'idea che Gesù sia la gloria del Padre, poiché altri passi del NT (Gv 1,14; 12,41; 17,24; Eb 1,3) identificano Gesù come il portatore della gloria divina.

(c) «la gloria del nostro grande Dio-e-Salvatore Gesù Cristo». Qui il titolo composto, 'Dio-e-Salvatore', è dato a Gesù Cristo. Questo è il significato più ovvio del testo greco. Esso implica che il passo stia parlando solo di una gloriosa epifania, segnatamente di Gesù Cristo, in armonia con altri riferimenti all'epifania di Gesù Cristo nelle lettere pastorali (1 Tm 6,14-15; 2 Tm 4,1). La probabilità che «Salvatore» sia applicato a Gesù Cristo, piuttosto che a Dio Padre, è suggerita dal versetto seguente (Tt 2,14) che parla della redenzione operata da Gesù. Alcuni vorrebbero respingere quest'interpretazione che da a Gesù il titolo 'Dio' perché altrove, nelle lettere pastorali (1 Tm 2,5; cfr. 4), si fa una chiara distinzione tra Dio (= il Padre) e l'uomo Gesù Cristo. Comunque, come abbiamo notato, nel quarto vangelo ci sono passi che chiamano Gesù Dio accanto a passi che distinguono tra Gesù e l'unico vero Dio.
Una decisione è difficile. Alcuni attenti studiosi (H. Conzelmann, J. Jeremias, J. N. D. Kelly) respingono l'interpretazione (c), mentre la maggioranza (*) (compresi O. Cullmann, J. D. Quinn, C. Spicq) la sostiene, accettando il fatto che qui Gesù è chiamato 'Dio'. Personalmente sono incline a riconoscere l'interpretazione (c) come il probabile significato del passo. È un peccato non poter raggiungere la certezza, dal momento che questo passo ha contribuito a modellare la confessione dei Consiglio Mondiale delle Chiese in «Gesù Cristo come Dio e Salvatore» (p. 168. supra).

Vediamo altri commentari:

“ Questo versetto è un’eloquente espressione della fede di Paolo nella divinità di Cristo. A volte si trova un’altra traduzione: “ del grande Iddio ( cioè il Padre) e del Salvatore nostro Gesù Cristo”. Le seguenti considerazioni militano a sfavore di questa traduzione: 1) In greco le espressioni “ grande Dio” e “ il Salvatore nostro Gesù Cristo” sono preceduti dall’articolo determinativo; 2) il versetto si riferisce alla parousia e in tutti gli altri passi la gloriosa manifestazione della parousia viene sempre attribuita a Cristo ( 1 Tm 6,14-15; 2 Tm 4,1; 1Cor 1,7; 2 Ts 1,7, ecc) 3) il resto della frase ( v. 14) parla solo di Cristo e gli assegna una prerogativa divina, il possesso del popolo eletto; 4) i termini del testo riflettono la fraseologia usata nel culto degli dèi e degli imperatori in cui << dio>> e << salvatore>> sono usati in riferimento a una particolare divinità o a un particolare imperatore ( p. es. Tolomeo I fu chiamato << salvatore e dio>> nel 48 aC Giulio Cesare fu acclamato a Efeso come << dio, figlio di Ares e Afrodite, salvatore di tutti gli uomini” ( Grande Commentario Biblico Queriniana pag. 1296 )


“…..infine abbiamo Tt 2,13 che esplicitamente attribuisce al Cristo il titolo divino di << grande Dio e salvatore>>”. (Dizionario dei Concetti Biblici del Nuovo Testamento pag. 497)


“ La gloria del nostro grande Dio e Salvatore che deve manifestarsi non può essere che la gloria di Gesù” ( Dizionario Biblico a cura di John McKenzie, pag 251)


“Ma chi è il megas Theos? Poiché è impossibile intendere il genitivo Christou Iesou come apposizione di tes doxes, in quanto soter in Tito si riferisce a Cristo, megas theos si deve riferire a Gesù Cristo. Lo esigono la posizione dell’articolo, il concetto di epiphaneia ( è attesa un’apparizione di Gesù che ritorna) e lo stereotipo modo d’esprimersi. Un riferimento della formula cultuale politeistica si adatta meglio a Cristo, divenuto ben presto la divinità del culto cristiano, che non a Dio Padre, concepito in senso rigidamente monoteistico in tutta la chiesa. Perciò leggiamo il testo così: “ attendiamo la beata speranza e la manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore, Gesù Cristo”. ( Grande Lessico del NT, Vol. VI pag. 1464)

2Pietro 1:1,11:
“…nella giustizia del nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo… nel regno eterno del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo…”.

La TNM traduce qui: “…del nostro Dio e [il] Salvatore Gesù Cristo… del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo”.
In questo passo troviamo due volte la stessa costruzione sintattica di Tt 2:13 ed è singolare che la TNM traduce correttamente al v. 11 mentre al v. 1 commette lo stesso errore visto poc’anzi. La TNM, peraltro, mostra tutto il suo imbarazzo aggiungendo un articolo fra parentesi quadre, che evidentemente sa bene di non poter giustificare alla luce della lingua originale. Non è dato sapere se il v. 11 viene tradotto bene dalla TNM perché i tdg hanno tralasciato per una volta l’equivalenza fra le qualità divine di “Signore” e “Salvatore”, entrambe proprie solo di Javè alla luce dell’AT. Una cosa è certa: quando Pietro, al v. 2, vuole distinguere Dio Padre da Dio Figlio, lo fa usando una costruzione sintattica diversa da quella dei vv. 1 e 11 ed aggiunge un secondo articolo determinativo, per cui al v. 2 è possibile e necessaria la traduzione “nella conoscenza di Dio e di Gesù Cristo nostro Signore” (con TNM conforme).
[Modificato da (Mario70) 06/05/2014 19:49]
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