filippesi 2:6

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(Mario70)
00giovedì 18 ottobre 2007 13:21
res rapta res rapienda
Tempo fa, quando non avevo ancora accettato la dottrina della trinità, discutendo su filippesi 2:6 usavo portare all'attenzione delle persone il fatto che harpagmos non poteva essere tradotto con "tenere stretto" come fanno molte traduzioni, ma con "rapinare" o "afferrare violentemente", come prova di questo fatto usavo citare dall'opuscolo "dovreste credere nella trinità" dei tdg a pag 25 questa frase:
"A proposito dell’originale greco di questo passo, Ralph Martin, in un commento alla lettera ai Filippesi, scrive: “È discutibile, però, se il senso del verbo possa slittare dal suo vero significato, ‘afferrare’, ‘ghermire’, a quello di ‘tenere stretto’”. (The Epistle of Paul to the Philippians, Londra 1959, p. 97"

Una volta accettata la trinità mi ricordai di questo autore (citato come al solito parzialmente) e andando alla libreria Claudiana a Roma, vicino alla bellissima chiesa valdese, comprai il suo libro nella traduzione italiana a cura di Nicoletta Aresca e devo dire la verità lo trovai molto interessante, la cosa che apprezzo maggiormente di questo autore è il suo essere imparziale descrivendo le varie teorie che esistono in questo inno (a quanto pare prepaolino) e proponendo quella che per lui è la piu plausibile.
Accettare che harpagmos vada inteso nel senso di res rapienda, non inficia minimamente la trinità come è ben descritto in questo libro.

Gradirei che le discussioni che nasceranno da questo commentario si svolgessero in maniera rispettosa e amorevole come ogni cristiano dovrebbe fare, quindi non accetterò attacchi personali verso chicchessia, sono nauseato da come si sono svolte le ultime discussioni su questo forum, è triste quando si devono bannare o riprendere le persone perchè non riescono a comportarsi in maniera civile.
Come ho sempre ribadito odio quando si citano singoli periodi, senza poter essere in grado di vedere l'insieme dell'articolo che si sta citando, quindi esporrò per intero e senza tagli il capitolo dedicato a questo specialissimo e singolo versetto:







Ciao Mario
descubridor
00giovedì 18 ottobre 2007 16:51
Re: res rapta res rapienda
(Mario70), 18/10/2007 13.21:

Tempo fa, quando non avevo ancora accettato la dottrina della trinità, discutendo su filippesi 2:6 usavo portare all'attenzione delle persone il fatto che harpagmos non poteva essere tradotto con "tenere stretto" come fanno molte traduzioni, ma con "rapinare" o "afferrare violentemente", come prova di questo fatto usavo citare dall'opuscolo "dovreste credere nella trinità" dei tdg a pag 25 questa frase:
"A proposito dell’originale greco di questo passo, Ralph Martin, in un commento alla lettera ai Filippesi, scrive: “È discutibile, però, se il senso del verbo possa slittare dal suo vero significato, ‘afferrare’, ‘ghermire’, a quello di ‘tenere stretto’”. (The Epistle of Paul to the Philippians, Londra 1959, p. 97"

Una volta accettata la trinità mi ricordai di questo autore (citato come al solito parzialmente) e andando alla libreria Claudiana a Roma, vicino alla bellissima chiesa valdese, comprai il suo libro nella traduzione italiana a cura di Nicoletta Aresca e devo dire la verità lo trovai molto interessante, la cosa che apprezzo maggiormente di questo autore è il suo essere imparziale descrivendo le varie teorie che esistono in questo inno (a quanto pare prepaolino) e proponendo quella che per lui è la piu plausibile.
Accettare che harpagmos vada inteso nel senso di res rapienda, non inficia minimamente la trinità come è ben descritto in questo libro.

Gradirei che le discussioni che nasceranno da questo commentario si svolgessero in maniera rispettosa e amorevole come ogni cristiano dovrebbe fare, quindi non accetterò attacchi personali verso chicchessia, sono nauseato da come si sono svolte le ultime discussioni su questo forum, è triste quando si devono bannare o riprendere le persone perchè non riescono a comportarsi in maniera civile.
Come ho sempre ribadito odio quando si citano singoli periodi, senza poter essere in grado di vedere l'insieme dell'articolo che si sta citando, quindi esporrò per intero e senza tagli il capitolo dedicato a questo specialissimo e singolo versetto:


Ciao Mario




La parola arpagmos ricorre una volta nel NT.
Ho consultato il buon vecchio Rocci e il primo significato che da' al verbo arpazo e' "rapinare", " strappare a forza", "portare via"( Pausania e Omero)
Il sostantivo equivalente arpagmos da' "ratto" , "rapina", latrocino"(Plutarco) e riferito al NT da' addirittura il significato di"pretendere una cosa come ingiusta prerogativa".
Il verbo arpazo si trova 14 volte nel NT( Furuli).
Secondo il "Dizionario dei concetti biblici del nuovo testamento di Coenen , Beyreuther e Bietenhard significa "impadronirsi di qualcosa", , "rubare" , "portare via con violenza", "asportare".
Non ha mai la forza stativa di afferrare qualcosa che gia' si possiede.


(Mario70)
00giovedì 18 ottobre 2007 18:10
Re: Re: res rapta res rapienda
descubridor, 18/10/2007 16.51:




La parola arpagmos ricorre una volta nel NT.
Ho consultato il buon vecchio Rocci e il primo significato che da' al verbo arpazo e' "rapinare", " strappare a forza", "portare via"( Pausania e Omero)
Il sostantivo equivalente arpagmos da' "ratto" , "rapina", latrocino"(Plutarco) e riferito al NT da' addirittura il significato di"pretendere una cosa come ingiusta prerogativa".
Il verbo arpazo si trova 14 volte nel NT( Furuli).
Secondo il "Dizionario dei concetti biblici del nuovo testamento di Coenen , Beyreuther e Bietenhard significa "impadronirsi di qualcosa", , "rubare" , "portare via con violenza", "asportare".
Non ha mai la forza stativa di afferrare qualcosa che gia' si possiede.




E' esattamente quello che credo io e il professore citato sopra...
Quello che mi premeva puntualizzare è che anche dando al verbo il significato basilare di res rapienda, la dottrina della trinità ne risulta ugualmente vincente.
Il logos preumano non volle rapinare la posizione unica che occupava il padre (il suo unico ruolo), oppure come scrisse Bonnard citato sopra, il logos esistendo nella condizione o carica divina, quale unica immagine e gloria di Dio, rifiutò di utilizzare tale posizione di favore per porsi in opposizione a suo padre.
Ciao

descubridor
00venerdì 19 ottobre 2007 10:05
Re: Re: Re: res rapta res rapienda
(Mario70), 18/10/2007 18.10:


E' esattamente quello che credo io e il professore citato sopra...
Quello che mi premeva puntualizzare è che anche dando al verbo il significato basilare di res rapienda, la dottrina della trinità ne risulta ugualmente vincente.
Il logos preumano non volle rapinare la posizione unica che occupava il padre (il suo unico ruolo), oppure come scrisse Bonnard citato sopra, il logos esistendo nella condizione o carica divina, quale unica immagine e gloria di Dio, rifiutò di utilizzare tale posizione di favore per porsi in opposizione a suo padre.
Ciao




Quello che dici e' interessante perche' mi permette di fare una prima semplice considerazione.
Se le cose stanno semplicemente come dici tu e la traduzione in un modo o nell'altro non inficia la divinita' di Cristo, come mai molte traduzioni danno un significato ben diverso da quello che abbiamo visto di arpagmos
Esempio: La Cei traduce il versetto con
"Cristo Gesu', il quale, pur essendo di natura divina, non considero' un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio,ma spoglio' se stesso , assumendo la condizione di servo e divenedo simile agli uomini"

E' evidente che questa traduzione risente della teologia dei traduttori. Parole affini ad arpagmos vengono usate dai traduttori Cei ed altri sempre con il senso di rubare, strappare qualcosa che non appartiene. Solo in fil.2:6 viene introdotto il senso di "res rapta" cioe' non di qualcosa che non si possiede da afferrare( res rapienda) ma di un bottino o preda che gia' si possiede.


(Mario70)
00venerdì 19 ottobre 2007 10:33
Re: Re: Re: Re: res rapta res rapienda
descubridor, 19/10/2007 10.05:



Quello che dici e' interessante perche' mi permette di fare una prima semplice considerazione.
Se le cose stanno semplicemente come dici tu e la traduzione in un modo o nell'altro non inficia la divinita' di Cristo, come mai molte traduzioni danno un significato ben diverso da quello che abbiamo visto di arpagmos
Esempio: La Cei traduce il versetto con
"Cristo Gesu', il quale, pur essendo di natura divina, non considero' un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio,ma spoglio' se stesso , assumendo la condizione di servo e divenedo simile agli uomini"

E' evidente che questa traduzione risente della teologia dei traduttori. Parole affini ad arpagmos vengono usate dai traduttori Cei ed altri sempre con il senso di rubare, strappare qualcosa che non appartiene. Solo in fil.2:6 viene introdotto il senso di "res rapta" cioe' non di qualcosa che non si possiede da afferrare( res rapienda) ma di un bottino o preda che gia' si possiede.




Dal mio punto di vista infatti (e da quello del professor Martin)quelle traduzioni non rendono bene l'idea di harpagmos, ma sia chiaro che il senso di res rapta è linguisticamente possibile, ma se esaminiamo attentamente il contesto non è da preferire anzi... per quanto riguarda il lasciarsi influenzare dalla teologia dei traduttori non l'ho mai negato, ce ne sono altre che sono andate anche oltre e il Martin cita ad esempio la NIV.
Ciao caro
Mario

-Gaetano-
00venerdì 19 ottobre 2007 21:29

Ragazzi, questo è il mio punto di vista su Filippesi 2,6. Spero che vi edifichi

www.gaetano.riforma.net

FILIPPESI 2,6


Un altro brano cardine dimostrante palesemente l'uguaglianza divina del Figlio nei confronti del Padre è il brano della lettera ai filippesi, capitolo secondo, dal versetto quinto al settimo, leggiamo e approfondiamo il contenuto:

"Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù, il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma spogliò sé stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini". (Filippesi 2,5-7).

L'apostolo Paolo inizia la parte focale del discorso rivelando che Gesù Cristo prima di venire sulla terra sussisteva nella "forma di Dio". Cosa vuol dire? Il termine "forma" è la traduzione della parola greca "morfêi". Il suo principale significato è quello di "forma" "figura", "apparenza", in sostanza "forma esteriore". Ciò significa che il Figlio di Dio era nell'apparenza o esteriormente, Dio, segno evidente della sua natura divina. Saulo di Tarso continuando poi nella sua esposizione, scrive: "non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente". Prima di trarre una spiegazione conclusiva da tale frase è importante vedere come traducono altre versioni bibliche:

"non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio". (CEI)
"non ha rivendicato il suo diritto di essere trattato come uguale a Dio". (BJ)
"non considerò l'essere uguale a Dio come qualcosa d'afferrare". (ASV)
"non reputò rapina l'essere uguale a Dio". (VR), (Di)

Quindi in sostanza l'apostolo dei gentili dice che il Salvatore: "non considerò l'essere uguale al Padre come qualcosa d'afferrare o da rapinare, come se dovesse considerare ciò un bottino da prendere con la forza".

Questo cosa vuol dire? Ad esso vengono date due spiegazioni alternative:

1) Gesù pur essendo in forma di Dio, non pensò o non ritenne egoisticamente di conservare o tenere tenacemente con sé le prerogative di uguaglianza con il Padre. Di questo avviso sono i studiosi come Arthur Way e Joseph Thayer.

2) "Gesù Cristo non usurpa il posto di Dio. La sua unità con il Padre non significa unità assoluta di essere. Sebbene il Figlio di Dio nel suo essere preesistente era in - la forma di Dio, egli
resistette alla tentazione di essere uguale a Dio.". - The New International Dictionary of New Testament Theology (1976) Grand Rapids, Michigan. Vol. II, pag. 80.

Come si può notare, la prima esposizione dice che Gesù essendo uguale al Padre non considerò tale uguaglianza come qualcosa da afferrare, mentre la seconda tesi afferma che Gesù non usurpa il posto di Dio egli resistette alla tentazione di essere uguale a Dio. Ebbene, quale delle due è in armonia col contesto?

FORMA DI DIO, FORMA DI SERVO, ESPRESSIONI PARALLELE.

Leggendo i versi sei e sette dell'epistola ai filippesi capitolo due, notiamo che san Paolo fa, mette in risalto un parallelismo riguardante la persona del Signore Gesù.

Per l'apostolo, il Figlio nella sua precedente esistenza, ossia prima di venire su questa terra, era in "forma di Dio", mentre proprio nel verso successivo è interessante notare come lo stesso apostolo dei gentili definisce il Salvatore in "forma di servo". Ebbene, questa espressione è molto importante, addirittura determinante per la corretta comprensione del brano di Filippesi 2,5-9, perché?
Il Figlio di Dio incarnandosi divenne un servo di Dio a tutti gli effetti, un "vero servitore, perfettamente uguale a un autentico schiavo di Dio e un integerrimo osservante della legge di Yahvé". In base a tale indiscutibile verità e tenendo conto del raffronto parallelo, si arriva a tale ovvia e logica conclusione.

Il Figlio di Dio era in "forma di Dio" perché era vero Dio, ossia uguale, identico al Padre, pur essendo distinto da lui come persona.

Quindi il Salvatore "non considerò l'essere uguale a Dio come qualcosa da afferrare" perché tale uguaglianza era comunque da sempre in suo possesso, faceva parte della sua natura intrinseca.

BREVE COMMENTO A FILIPPESI 2,5-9.

In questo commento riporteremo parte delle considerazioni tratte in precedenza, però inserite in un contesto più ampio in modo da facilitare ulteriormente la comprensione e l'accettazione di esse e infine provare ulteriormente la loro veridicità.

"Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù," (Filippesi 2,5).

Quì san Paolo sottolinea o vuole mettere in risalto una qualità o caratteristica che dovrebbe accomunare ogni credente in Cristo, l'umiltà. Il desiderare di sottomettersi a Dio pienamente con uno spirito di obbedienza incondizionata e prende come punto di riferimento proprio il Figlio di Dio, massimo esempio di umiltà.

"il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente," (Filippesi 2,6).

La parola "essendo" è la traduzione del termine greco "huparchôn", il quale significa basilarmente, "rimanere" o "non cessando di essere". Ciò vuol dire che Gesù sia prima che dopo l'incarnazione, continuò a "rimanere" appunto nella "forma di Dio", ad essere "uguale a Dio". Ed è proprio per questo motivo che non ritenne necessario afferrare tale uguaglianza condivisa con il suo Padre celeste.

"ma spogliò sé stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini;" (Filippesi 2,7).

Nel verso sette si evidenzia chiaramente la grande umiltà del Signore Gesù. Colui che condivideva la posizione e l'onore con il Padre suo, lasciò tutto ciò annichilendosi, ossia abbassandosi, assumendo la posizione e la forma di servo, divenendo quindi un servo di Dio a tutti gli effetti.

"trovato esteriormente come un uomo, umiliò sé stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce". (Filippesi 2,8).

L'ubbidienza a Dio fu completa, piena. Il Signore Gesù fece la volontà del Padre fino alla fine. Persino di fronte alla morte il Cristo non cessò di guardare Iddio, di ubbidire a lui e sottomettersi umilmente sotto le sue ali.

"Perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome", (Filippesi 2,9).

A causa della totale fedeltà di Gesù, il suo Dio alla fine lo ha esaltato. Il Cristo si era abbassato fino a diventare il servo dei servi di Dio e il Padre lo ha premiato, innalzandolo e dandogli un nome che è al di sopra di ogni altro nome, ridandogli la posizione e l'onore che aveva prima di venire su questa terra, (Giovanni 17,5).
(Mario70)
00venerdì 19 ottobre 2007 23:00
Re:
-Gaetano-, 19/10/2007 21.29:


Ragazzi, questo è il mio punto di vista su Filippesi 2,6. Spero che vi edifichi


FILIPPESI 2,6


Un altro brano cardine dimostrante palesemente l'uguaglianza divina del Figlio nei confronti del Padre è il brano della lettera ai filippesi, capitolo secondo, dal versetto quinto al settimo, leggiamo e approfondiamo il contenuto:

"Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù, il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma spogliò sé stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini". (Filippesi 2,5-7).

L'apostolo Paolo inizia la parte focale del discorso rivelando che Gesù Cristo prima di venire sulla terra sussisteva nella "forma di Dio". Cosa vuol dire? Il termine "forma" è la traduzione della parola greca "morfêi". Il suo principale significato è quello di "forma" "figura", "apparenza", in sostanza "forma esteriore". Ciò significa che il Figlio di Dio era nell'apparenza o esteriormente, Dio, segno evidente della sua natura divina. Saulo di Tarso continuando poi nella sua esposizione, scrive: "non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente". Prima di trarre una spiegazione conclusiva da tale frase è importante vedere come traducono altre versioni bibliche:

"non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio". (CEI)
"non ha rivendicato il suo diritto di essere trattato come uguale a Dio". (BJ)
"non considerò l'essere uguale a Dio come qualcosa d'afferrare". (ASV)
"non reputò rapina l'essere uguale a Dio". (VR), (Di)

Quindi in sostanza l'apostolo dei gentili dice che il Salvatore: "non considerò l'essere uguale al Padre come qualcosa d'afferrare o da rapinare, come se dovesse considerare ciò un bottino da prendere con la forza".

Questo cosa vuol dire? Ad esso vengono date due spiegazioni alternative:

1) Gesù pur essendo in forma di Dio, non pensò o non ritenne egoisticamente di conservare o tenere tenacemente con sé le prerogative di uguaglianza con il Padre. Di questo avviso sono i studiosi come Arthur Way e Joseph Thayer.

2) "Gesù Cristo non usurpa il posto di Dio. La sua unità con il Padre non significa unità assoluta di essere. Sebbene il Figlio di Dio nel suo essere preesistente era in - la forma di Dio, egli
resistette alla tentazione di essere uguale a Dio.". - The New International Dictionary of New Testament Theology (1976) Grand Rapids, Michigan. Vol. II, pag. 80.

Come si può notare, la prima esposizione dice che Gesù essendo uguale al Padre non considerò tale uguaglianza come qualcosa da afferrare, mentre la seconda tesi afferma che Gesù non usurpa il posto di Dio egli resistette alla tentazione di essere uguale a Dio. Ebbene, quale delle due è in armonia col contesto?

FORMA DI DIO, FORMA DI SERVO, ESPRESSIONI PARALLELE.

Leggendo i versi sei e sette dell'epistola ai filippesi capitolo due, notiamo che san Paolo fa, mette in risalto un parallelismo riguardante la persona del Signore Gesù.

Per l'apostolo, il Figlio nella sua precedente esistenza, ossia prima di venire su questa terra, era in "forma di Dio", mentre proprio nel verso successivo è interessante notare come lo stesso apostolo dei gentili definisce il Salvatore in "forma di servo". Ebbene, questa espressione è molto importante, addirittura determinante per la corretta comprensione del brano di Filippesi 2,5-9, perché?
Il Figlio di Dio incarnandosi divenne un servo di Dio a tutti gli effetti, un "vero servitore, perfettamente uguale a un autentico schiavo di Dio e un integerrimo osservante della legge di Yahvé". In base a tale indiscutibile verità e tenendo conto del raffronto parallelo, si arriva a tale ovvia e logica conclusione.

Il Figlio di Dio era in "forma di Dio" perché era vero Dio, ossia uguale, identico al Padre, pur essendo distinto da lui come persona.

Quindi il Salvatore "non considerò l'essere uguale a Dio come qualcosa da afferrare" perché tale uguaglianza era comunque da sempre in suo possesso, faceva parte della sua natura intrinseca.

BREVE COMMENTO A FILIPPESI 2,5-9.

In questo commento riporteremo parte delle considerazioni tratte in precedenza, però inserite in un contesto più ampio in modo da facilitare ulteriormente la comprensione e l'accettazione di esse e infine provare ulteriormente la loro veridicità.

"Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù," (Filippesi 2,5).

Quì san Paolo sottolinea o vuole mettere in risalto una qualità o caratteristica che dovrebbe accomunare ogni credente in Cristo, l'umiltà. Il desiderare di sottomettersi a Dio pienamente con uno spirito di obbedienza incondizionata e prende come punto di riferimento proprio il Figlio di Dio, massimo esempio di umiltà.

"il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente," (Filippesi 2,6).

La parola "essendo" è la traduzione del termine greco "huparchôn", il quale significa basilarmente, "rimanere" o "non cessando di essere". Ciò vuol dire che Gesù sia prima che dopo l'incarnazione, continuò a "rimanere" appunto nella "forma di Dio", ad essere "uguale a Dio". Ed è proprio per questo motivo che non ritenne necessario afferrare tale uguaglianza condivisa con il suo Padre celeste.

"ma spogliò sé stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini;" (Filippesi 2,7).

Nel verso sette si evidenzia chiaramente la grande umiltà del Signore Gesù. Colui che condivideva la posizione e l'onore con il Padre suo, lasciò tutto ciò annichilendosi, ossia abbassandosi, assumendo la posizione e la forma di servo, divenendo quindi un servo di Dio a tutti gli effetti.

"trovato esteriormente come un uomo, umiliò sé stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce". (Filippesi 2,8).

L'ubbidienza a Dio fu completa, piena. Il Signore Gesù fece la volontà del Padre fino alla fine. Persino di fronte alla morte il Cristo non cessò di guardare Iddio, di ubbidire a lui e sottomettersi umilmente sotto le sue ali.

"Perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome", (Filippesi 2,9).

A causa della totale fedeltà di Gesù, il suo Dio alla fine lo ha esaltato. Il Cristo si era abbassato fino a diventare il servo dei servi di Dio e il Padre lo ha premiato, innalzandolo e dandogli un nome che è al di sopra di ogni altro nome, ridandogli la posizione e l'onore che aveva prima di venire su questa terra, (Giovanni 17,5).






Se ho capito bene tu preferisci il "res rapta" non è vero?
Secondo te egli non volle rapinare l'uguaglianza col padre perchè l'aveva gia... ma non ti sembra inverosimile e contraddittorio? Che esempio avrebbe dato questo ai lettori della lettera ai quali Paolo voleva insegnare l'umiltà? Non ambite a cio che avete gia?
Rispetto questo tuo punto di vista ma non lo condivido, secondo me non è in gioco l'uguaglianza di natura col padre (è insita nella sua morphè), ma l'uguagliarlo nel suo proprio ruolo, da quello che ho capito io, Cristo non volle appropriarsi del ruolo unico del padre.
Comunque grazie del tuo preziosissimo intervento, queste discussioni servono proprio a confrontarci e ad imparare sempre di piu su cosa crede l'altro non è vero?
Saluti Mario
-Gaetano-
00sabato 20 ottobre 2007 05:35
Se ho capito bene tu preferisci il "res rapta" non è vero?

Si Mario.

Secondo te egli non volle rapinare l'uguaglianza col padre perchè l'aveva gia... ma non ti sembra inverosimile e contraddittorio?

No Mario, il concetto espresso nel brano sta in questo. Il Signore Gesù, nonostante fosse per natura uguale al Padre suo, non "afferrò" o non si aggrappò a tale sua posizione che oltretutto aveva di diritto, ma umilmente lasciò tale sua posizione diventando il servo dei servi di Dio.

Che esempio avrebbe dato questo ai lettori della lettera ai quali Paolo voleva insegnare l'umiltà? Non ambite a cio che avete gia?

No Mario. L'apostolo Paolo ha voluto semplicemente evidenziare la grande umiltà manifestata dal Cristo, il quale pur non essendone obbligato, ha fatto quello che ha fatto per amore di ubbidienza e di sottomissione al Padre suo. Ovviamente insieme all'amore che ha avuto per noi.

Rispetto questo tuo punto di vista ma non lo condivido, secondo me non è in gioco l'uguaglianza di natura col padre (è insita nella sua morphè),

Ma pure io credo che non vi sia in gioco l'uguaglianza di natura, ma si parla appunto di posizione. Ad ogni modo però viene sottolineata l'uguaglianza di natura che il Figlio ha col Padre.

ma l'uguagliarlo nel suo proprio ruolo, da quello che ho capito io, Cristo non volle appropriarsi del ruolo unico del padre.

Il Signore Gesù in cielo condivideva e condivide tutt'ora la posizione del Padre. Solo che tale posizione la lasciò temporaneamente durante il suo periodo terreno.

Comunque grazie del tuo preziosissimo intervento, queste discussioni servono proprio a confrontarci e ad imparare sempre di piu su cosa crede l'altro non è vero?

Certo Mario. Ti ringrazio per avermi espresso il tuo punto di vista.

Saluti Mario

Ciao,

Gaetano
(Mario70)
00sabato 20 ottobre 2007 11:25
Re:



No Mario, il concetto espresso nel brano sta in questo. Il Signore Gesù, nonostante fosse per natura uguale al Padre suo, non "afferrò" o non si aggrappò a tale sua posizione che oltretutto aveva di diritto, ma umilmente lasciò tale sua posizione diventando il servo dei servi di Dio.



Non si puo "afferrare" cio che si ha gia, per quanto riguarda l'"aggrapparsi" a cio che si ha gia, non rende l'idea di harpagmos ossia rapinare (ovviamente cio che non si ha), ti ricordo ad esempio le arpìe (le rapitrici) uccelli rapaci che rendono bene l'idea di quello che fanno quando attaccano.
Se si toglie il concetto di natura, al quale Cristo è uguale al padre essendone figlio, rimane quello di rango o ruolo, ed il figlio in quanto tale è sempre in uno stato di sottomissione rispetto al padre che lo ha generato come lo è un qualunque figlio nei confronti del padre, le scritture lo indicano ovunque e non ci vedo nulla di male in questo e non sminuiscono certo la figura di "Dio il figlio".



No Mario. L'apostolo Paolo ha voluto semplicemente evidenziare la grande umiltà manifestata dal Cristo, il quale pur non essendone obbligato, ha fatto quello che ha fatto per amore di ubbidienza e di sottomissione al Padre suo. Ovviamente insieme all'amore che ha avuto per noi.



Se aggiungiamo a questo il non voler prendere il posto proprio del padre, l'esempio è ancora piu calzante e il parallelo con Adamo è maggiore.



Ma pure io credo che non vi sia in gioco l'uguaglianza di natura, ma si parla appunto di posizione. Ad ogni modo però viene sottolineata l'uguaglianza di natura che il Figlio ha col Padre.



Bastano la parola figlio e il fatto che si trovasse nella morphè di Dio per farlo appartenere naturalmente nella categoria di Dio.



Il Signore Gesù in cielo condivideva e condivide tutt'ora la posizione del Padre. Solo che tale posizione la lasciò temporaneamente durante il suo periodo terreno.



Come gia detto non credo questo, forse questo potrà accadere dopo che egli consegnerà il regno a suo padre, momento in cui Dio diverrà "tutto in tutti".



Saluti Mario



andreiu2
00sabato 20 ottobre 2007 17:15
Stando al Kittel, Fl 2:6 sarebbe da tradurre in questo modo "non considerò l'uguaglianza con Dio un guadagno". Infatti "harpagmos" può avere anche questo significato, quello di ricompensa o privilegio, sebbene "harpazw" abbia prettamente il significato di "prendere con forza" o "rapinare".

Il problema è che nel testo non abbiamo il verbo, ma il sostantivo, ecco perchè le differenze traduttive. Io personalmente sono d'accordo con il Kittel che dà ad harpagmos quel tipo di significato.

(Mario70)
00sabato 20 ottobre 2007 19:31
Re:
andreiu2, 20/10/2007 17.15:

Stando al Kittel, Fl 2:6 sarebbe da tradurre in questo modo "non considerò l'uguaglianza con Dio un guadagno". Infatti "harpagmos" può avere anche questo significato, quello di ricompensa o privilegio, sebbene "harpazw" abbia prettamente il significato di "prendere con forza" o "rapinare".

Il problema è che nel testo non abbiamo il verbo, ma il sostantivo, ecco perchè le differenze traduttive. Io personalmente sono d'accordo con il Kittel che dà ad harpagmos quel tipo di significato.




Ciao Andrea, chiarisci meglio il punto tenendo per buono "guadagno" (continuo a preferire altro ma ti ascolto...)
Ciao Mario
(Mario70)
00domenica 21 ottobre 2007 21:07
ancora su filippesi 2:6
Più studio questo verso e piu mi affascina.
Nel web ho trovato un articolo fatto molto bene dall'erudito Dennis Ray Burk, Jr.
http://www.bible.org/page.php?page_id=1792

dal quale sono be lieto di darvi la sua conclusione in italiano:

"Conclusioni esegetiche:
Propongo che se l'autore avesse inteso mettere sullo stesso piano le due frasi ("en morphè theou" con "to einai isa theo") avrebbe potuto semplicemente dichiarare "benche' egli esistesse nella forma di Dio, egli non considerò essere nella forma di Dio come una cosa da essere afferrata (en morfhè theou' iparcwn ouk arpagmon eghenesato to einai en morfè theou).
Tuttavia, il solo fatto che l'autore scelga di usare una fraseologia differente indica che egli desidera denotare realta' differenti,non quelle sinonime (o equivalenti).La questione si presenta allora in quanto a come questa frase possa essere teologicamente intellegibile; come puo' questa interpretazione avere senso dato che (morfè theou) si riferisce alla essenza preesistente di Cristo come divinita'? Non dovrebbe l'uguaglianza di Cristo con Dio (to einai isa theo) essere considerata solo un'altro modo di riferirsi alla sua essenza preesistente come divinita'? (morfè theou).
La risposta all'ultima questione e' "NO" se noi consideriamo la possibilita' che "morfè theou" si riferisce all'essenze mentre "to einai isa theo" si riferisce alla funzione.
Se questo e' il significato del testo, allora le due frasi non sono sinonime: benche' il Cristo fosse una vera divinita',egli non usurpo' il ruolo del Padre. Se HARPAGMOS sia capito stando all'analisi di cui sopra, allora Cristo si dice non aver rapito(rubato) o afferrato l'uguaglianza con Dio. benche' egli stesso fosse una vera divinita' eistente nella forma di Dio, non tento' di afferrare quest'altro aspetto che lui stesso non possedeva - cioe',l'uguaglianza con Dio (padre). Al contrario, Cristo svuoto' se' stesso. Questo svuotamento consistette nel prendere la forma di un umile servo e nel farsi a somiglianza di uomo. Percio',il contrasto tra i versi 6 e 7 si fa molto chiaro. Cristo,la seconda persona della trinuita', non tento' di rapire/rubare un'uguaglianza con Dio che appartiene propriamente solo alla prima persona della Trinita'. Al contrario, Cristo abbraccio' quei doveri che erano stabiliti per la seconda persona "prendere la forma dii un servo e rendersi a somiglianza di uomo".
In questo modo,Cristo non tento' di usurpare il ruolo peculiare della prima persona della Trinita', ma in sottomissione egli abbraccio' gioiosamente questo suo ruolo nella incarnazione.

IMPLICAZIONI TEOLOGICHE.
Credo che questa interpretazione apra per noi la strada per vedere una ortodossa subordinazione al DIO Padre. Benche' il Padre e il Figlio siano uno nella loro esenza (che e' esistere entrambi nella forma di Dio), essi sono distinti nelle loro persone (ossia che ciascuno di essi rispettivamente mantengono ruoli e funzioni che sono peculiari alla loro propria persona.
L'aspetto di questa relazione intra-trinitaria e' che rende possibile la redenzione. In accordo al piano predeterminato del Padre, il padre invia il Figlio nel mondo come un uomo e come un servo. Il Figlio non prova ad abdicare il suo ruolo afferrando uguaglianza funzionale con il Padre. Al contrario,il Figlio ubbidisce al Padre ed entra nella storia umana. In questa sequenza di eventi, vediamo che il Figlio non solo obbedisce al Padre nella sua incarnazione ma anche che egli obbedisce al Padre da tutta l'eternita'. Per questo motivo, se il Figlio non fosse obbediente all'invio di lui nel mondo da parte del Padre e se non fosse distinto dal Padre nella sua persona (e percio' nel suo ruolo e funzione), allora la redenzione sarebbe stata impossibile, il Figlio mai avrebbe obbedito al Padre, e non ci sarebbe mai stata una incarnazione. Ci sono alcune ramificazioni ecclesiologiche che emergono da questa veduta della Trinita'. Prima di tutto, non e' ne' antibiblico ne' irrispettoso dire che uomini e donne mantengono ruoli diversi in Chiesa e a casa. Per il fatto che il grande apostolo ha detto altrove che la relazione di Dio il Padre con Dio il Figlio e' il paradigma per la relazione che esiste tra marito e moglie in casa e uomini e donne in Chiesa, c'e' una grande dignita' nel mantenere il ruolo che Dio ha stabilito per ciascun individuo. Proprio come il Padre e il Figlio sono uno in essenza (ossia, sono entrambi divinita') ma distinti nelle loro Persone, cosi' c'e' una realta' corrispondente nelle relazioni terrene fra uomini e donne. Per esempio, sebbene si ordini alle mogli di mantenere un ruolo di obbedienza ai loro mariti (1 Pietro 3:1), mariti e mogli redenti sono uno nella loro posizione davanti a Dio; sono eredi simili della grazia di vita (1 Pietro 3:7). Non c'e' qui ineguaglianza essenziale, ma solo una funzionale. In questa comprensione, l'uomo non e' superiore in valore o significato su sua moglie piu' che il Padre lo sia su Cristo. Al contrario, il mantenimento dei ruoli stabiliti da Dio e' in fin dei conti una cosa molto gloriosa (Filippesi 2:11). Qualunque conclusione facciamo, dobbiamo essere d'accordo che Filippesi 2:6 si pone come una delle maggiori affermazioni cristologiche in tutto il Nuovo Testamento.
In esso vediamo l'umiliazione d'amore del Figlio di Dio manifestata nella sottomissione pre-incarnata a suo Padre. Qui e' il grande Paradigma della sottomissione a Dio il Padre. Ecco Cristo,in tutta la sua esaltata umilta', che mostra in seguito l'obbedienza dignitosa che caratterizzerebbe la sua intera vita terrena e missione. E qui vediamo che questa sua magnifica obbedienza non era di uno che nacque in una mangiatoia 2000 anni fa, ma di uno che nacque in eterno entro il glorioso mistero intra-trinitario.
Per amore, il Padre stabili' che suo Figlio si offrisse nella incarnazione. L'obbedienza del Figlio, nato in eterno, realizzo' non solo la redenzione dei peccatori ma anche la vera manifestazione dell'amore di Dio."

Sono orgoglioso che anche altri eminenti studiosi siano giunti alla mia stessa conclusione
Mario

descubridor
00lunedì 22 ottobre 2007 11:08
Alcune considerazioni.
1) La lettura "res rapta" e' una lettura tarda
Chi lo sostiene cita le omelie di Crisostomo, padre della Chiesa del IV secolo E.V., che pero' puo' essere stato influenzato dalle speculazioni trinitarie
Nel I sec. il significato prevalente era "afferrare", "rapinare".
2) Anche io non capisco bene il significato di guadagno dato da andreiu. Se intende qualcosa di simle a "vantaggio da afferrare", questa e' una tesi sostenuta dallo studioso Hoover basata anche qui su un testo molto tardo di Eusebio di Cesarea , del IV secolo E.V.
Senza entrare nel merito specifico ( eventualmente lo faro' piu' avanti) la lettura che ne viene data e' passiva( o stativa) e non attiva e se applicata a fil. 2:6 eliminerebbe il senso attivo di afferrare che Gesu' non prese in considerazione.
3)La parola "morfe'" e' abbastanza generica e puo' significare molte cose . Il suo primo significato nel Rocci e' forma, figura,l'esteriore.
Non significa che qualcosa "era" o era "uno con" qualcos'altro.
andreiu2
00lunedì 22 ottobre 2007 14:09
Re:
descubridor, 22/10/2007 11.08:

Nel I sec. il significato prevalente era "afferrare", "rapinare".



E' un'attestazione piuttosto frequente, ma non è la sola. Inoltre tu stai dando il significato di "harpazw" non di "harpagmos". Io ho citato apposta il Kittel che in quanto a autorità di lessico neotestamentario non è secondo a nessuno, il quale conclude che dal termine di harpagmos "va esclusa ogni idea di furto e di rapina. Gesù, contrariamente a quanto ci si sarebbe atteso in base al comune modo di fare, non ha considerato l'uguaglianza con Dio come un guadagno di cui approfittare".

Tuttavia sono d'accordo anche io che si tratta dui di uguaglianza come posizione e non come ipostasi.



Senza entrare nel merito specifico ( eventualmente lo faro' piu' avanti) la lettura che ne viene data e' passiva( o stativa) e non attiva e se applicata a fil. 2:6 eliminerebbe il senso attivo di afferrare che Gesu' non prese in considerazione.



Non lo si può dire visto che abbiamo il sostantivo e non il verbo. Si può dare sia l'una o l'altra lettura.


3)La parola "morfe'" e' abbastanza generica e puo' significare molte cose . Il suo primo significato nel Rocci e' forma, figura,l'esteriore.



Il contrapposto c'è tra "morphe" e "schema" e l'ultimo termine oltre a indicare "forma, aspetto" può anche indicare il ruolo, la posizione o il carattere del soggetto. Credo che in questo stia la differenza. Come è stato detto molte volte, non è detto che un possibile significato attestato, anche quello più attestato, vada bene per il testo in esame.

Saluti



descubridor
00lunedì 22 ottobre 2007 16:46
Re: Re:
andreiu2, 22/10/2007 14.09:

descubridor, 22/10/2007 11.08:

Nel I sec. il significato prevalente era "afferrare", "rapinare".



E' un'attestazione piuttosto frequente, ma non è la sola. Inoltre tu stai dando il significato di "harpazw" non di "harpagmos". Io ho citato apposta il Kittel che in quanto a autorità di lessico neotestamentario non è secondo a nessuno, il quale conclude che dal termine di harpagmos "va esclusa ogni idea di furto e di rapina. Gesù, contrariamente a quanto ci si sarebbe atteso in base al comune modo di fare, non ha considerato l'uguaglianza con Dio come un guadagno di cui approfittare".

Tuttavia sono d'accordo anche io che si tratta dui di uguaglianza come posizione e non come ipostasi.



Senza entrare nel merito specifico ( eventualmente lo faro' piu' avanti) la lettura che ne viene data e' passiva( o stativa) e non attiva e se applicata a fil. 2:6 eliminerebbe il senso attivo di afferrare che Gesu' non prese in considerazione.



Non lo si può dire visto che abbiamo il sostantivo e non il verbo. Si può dare sia l'una o l'altra lettura.


3)La parola "morfe'" e' abbastanza generica e puo' significare molte cose . Il suo primo significato nel Rocci e' forma, figura,l'esteriore.



Il contrapposto c'è tra "morphe" e "schema" e l'ultimo termine oltre a indicare "forma, aspetto" può anche indicare il ruolo, la posizione o il carattere del soggetto. Credo che in questo stia la differenza. Come è stato detto molte volte, non è detto che un possibile significato attestato, anche quello più attestato, vada bene per il testo in esame.

Saluti







***E' un'attestazione piuttosto frequente, ma non è la sola. Inoltre tu stai dando il significato di "harpazw" non di "harpagmos". Io ho citato apposta il Kittel che in quanto a autorità di lessico neotestamentario non è secondo a nessuno, il quale conclude che dal termine di harpagmos "va esclusa ogni idea di furto e di rapina. Gesù, contrariamente a quanto ci si sarebbe atteso in base al comune modo di fare, non ha considerato l'uguaglianza con Dio come un guadagno di cui approfittare".

Il verbo arpazo ha la stessa radice di arpagmos e ha il significato attivo che ho gia' postato prima secondo il Dizionario dei concetti biblici del nuovo testamento e anche secondo il dizionario di greco di Liddell e Scott. Secondo lo studioso Tiedike ha il significato di "asportare"
Inoltre i sostantivi terminanti in "mos" derivati da un verbo diventavano deverbiali indicanti l'azione denotata dal verbo . Percio' arpagmos significherebbe " l'atto di afferrare" ,"rapina", da arpazo.

***Non lo si può dire visto che abbiamo il sostantivo e non il verbo. Si può dare sia l'una o l'altra lettura.

Vedi sopra.La lettura res rapta e' generalmente tarda.Inoltre il significato di "vantaggio,guadagno da afferrare" , basato sulle argomentazioni dello studioso Hoover sono state demolite da J.C. O'Neill nell'articolo "Hoover on Harpagmos Rewiewed, with a Modest Proposal Concerning Philippians 2:6. Harward Theological Rewiew 81 pp. 445-449.


***Il contrapposto c'è tra "morphe" e "schema" e l'ultimo termine oltre a indicare "forma, aspetto" può anche indicare il ruolo, la posizione o il carattere del soggetto. Credo che in questo stia la differenza. Come è stato detto molte volte, non è detto che un possibile significato attestato, anche quello più attestato, vada bene per il testo in esame.

In fil. 2:6 il termine che troviamo e' morfe' ed e' a quello che dobbiamo riferirci.
Gesu' esisteva "nella forma ( morfe') di Dio".Cosa significa in realta' questa dichiarazione puo' essere spunto di ulteriore riflessione.







(Mario70)
00lunedì 22 ottobre 2007 17:37
Re: Re: Re:


***Il contrapposto c'è tra "morphe" e "schema" e l'ultimo termine oltre a indicare "forma, aspetto" può anche indicare il ruolo, la posizione o il carattere del soggetto. Credo che in questo stia la differenza. Come è stato detto molte volte, non è detto che un possibile significato attestato, anche quello più attestato, vada bene per il testo in esame.

In fil. 2:6 il termine che troviamo e' morfe' ed e' a quello che dobbiamo riferirci.
Gesu' esisteva "nella forma ( morfe') di Dio".Cosa significa in realta' questa dichiarazione puo' essere spunto di ulteriore riflessione.



Per ampliare quello che ha detto Andrea tra schema e morphè aggiungerei una considerazione logica:
Se io sono "nella forma di uomo" cosa significa se non che ho la natura umana? Nel versetto seguente è scritto che egli prese la forma di servo, il servo non è un qualcosa che si ha esteriormente come una maschera, ma è una condizione e il servire è una qualità, quindi similmente Gesù era nella condizione divina era qualitativamente Dio, lo era naturalmente come noi siamo naturalmente e qualitativamente umani, siamo nella condizione umana.
Il Friberg lexicon da come secondo risultato di morphè proprio:
"(2) of the nature of something, used of Christ's contrasting modes of being in his preexistent and human states form, nature (PH 2.6, 7)".
L'UBS e il Louw Nida addirittura usa "natura" come primo significato.
Meyer e specialmente Fritzsche danno nel caso di questo verso il significato di natura, in contrasto con "schema" apparenza esteriore.

Tradurre questo passo dando a morphè il significato di "forma esteriore" ci porta al paradosso, cosa significa che Cristo appariva esteriormente come Dio? E interiormente cosa era? Non ha senso, meglio l'atro significato ossia "egli era nella natura di Dio".
Ciao Mario


descubridor
00martedì 23 ottobre 2007 11:55
Gesu' esisteva "nella forma ( morfe') di Dio"
Da un punto di vista strettamente semantico,l'espressione puo' essere resa in modo da far pensare che Gesu' "era in essenza Dio" , o anche per suggerire che "la forma" di Gesu' prima di venire sulla terra fosse simile a quella di Dio.
Del resto si sa che Cristo ha vissuto innumerevoli ere al fianco di suo Padre e che e' diverso da qualsiasi altra creatura dell'universo, creato direttamente dal Padre.
Tornando alle due possibilita' le parole"prese la forma di uno schiavo" del versetto 7 dovrebbero darci uno spunto di riflessione e farci propendere per la seconda ipotesi, dato che e' molto difficile che il versetto 7 sostenga che Gesu' era in essenza uno schiavo.
Viceversa indicano che Gesu' aveva un corpo umano analogo a quello degli altri uomini.Lo conferma anche il vers. 7, "simile agli uomini.
Sintatticamente nel versetto 6 troviamo che il verbo "hegheomai" ha soggetto e predicato e , data la negazione, andrebbe reso con "non considero'"
Cosa non considero'? Stabilito il senso attivo di arpagmos ( come emerge dalle prove storiche e grammaticali)Gesu' non prese in considerazione " l'afferrare" essere uguale a Dio.Cosa significa "essere uguale a Dio puo' essere spunto di ulteriore riflessione.
Una ulteriore considerazione credo degna di riflessione e' quanto scrive Carlo Ghidelli( cattolico) circa fil2:5-11
Tra le altre cose , scrive nei lavori di revisione della Bibbia Cei in corso a proposito di fil.2:6:
"Sembra opportuno evitare un termine troppo tecnico come "natura" che forse e' troppo carico di significati filosofico-teologici e che comunque , in questo contesto appare anche anacronistico.Si e' pensato di rendere il versetto " pur essendo di condizione divina"".( La traduzione della Bibbia nella Chiesa Italiana-Il Nuovo Testamento, a cura di Carlo Buzzetti e Carlo Ghidelli,Edizioni San Paolo srl , 1998, p.150).
Per inciso . lo stesso Ghidelli afferma che "il termine "arpagmon" secondo l'Analysis philologica dello Zerwick non significa "tesoro geloso" da conservare solo per se (a parte la strana e stridente combinazione tra il sostantivo tesoro e l'aggettivo geloso), ma piu' esattamente "raptus,rapina,res percara avide arripienda".


(Mario70)
00martedì 23 ottobre 2007 13:16
Re:

Da un punto di vista strettamente semantico,l'espressione puo' essere resa in modo da far pensare che Gesu' "era in essenza Dio" , o anche per suggerire che "la forma" di Gesu' prima di venire sulla terra fosse simile a quella di Dio.



Se fosse come dici tu ci sarebbe stato scritto "os en morphè omoiomati theou" come è scritto dopo quando dice "simile agli uomini" invece non c'è scritto, li appare solo "morphè theou" forma di Dio punto, e dopo appare "morphè doulou" forma di servo, egli era nella condizione divina prima e scelse la condizione di servo poi.



Del resto si sa che Cristo ha vissuto innumerevoli ere al fianco di suo Padre e che e' diverso da qualsiasi altra creatura dell'universo, creato direttamente dal Padre.



Queste sono tue congetture personali che non devono influire nella traduzione del passo non essendo scritto da nessuna parte quanto sostieni.



Tornando alle due possibilita' le parole "prese la forma di uno schiavo" del versetto 7 dovrebbero darci uno spunto di riflessione e farci propendere per la seconda ipotesi, dato che e' molto difficile che il versetto 7 sostenga che Gesu' era in essenza uno schiavo.
Viceversa indicano che Gesu' aveva un corpo umano analogo a quello degli altri uomini. Lo conferma anche il vers. 7, "simile agli uomini.



E no! è proprio questo il punto Gesù era un essere umano come noi, perfetto si, ma come noi, egli non era un essere spirituale materializzato o altro, aveva la natura umana, egli nacque nell'utero di Maria come un qualsiasi feto umano, ed era in tutto e per tutto un uomo come noi, ecco perchè prima doveva essere Dio come lo era suo padre, doveva condividerne la medesima natura, probabilmente Paolo uso "simile" agli uomini per distinguerlo dal peccato come dice in ebrei
ebrei 4:15 "Non abbiamo infatti un sommo sacerdote che non possa compatire alle nostre infermità, essendo stato tentato in tutto a nostra somiglianza, eccetto il peccato."
Resta il fatto che la parola "simile" non fu usata per descrivere la sua condizione divina.




Una ulteriore considerazione credo degna di riflessione e' quanto scrive Carlo Ghidelli( cattolico) circa fil2:5-11
Tra le altre cose , scrive nei lavori di revisione della Bibbia Cei in corso a proposito di fil.2:6:
"Sembra opportuno evitare un termine troppo tecnico come "natura" che forse e' troppo carico di significati filosofico-teologici e che comunque , in questo contesto appare anche anacronistico.Si e' pensato di rendere il versetto " pur essendo di condizione divina"".( La traduzione della Bibbia nella Chiesa Italiana-Il Nuovo Testamento, a cura di Carlo Buzzetti e Carlo Ghidelli,Edizioni San Paolo srl , 1998, p.150).



E che cosa credi che significhi "essere nella condizione di Dio?"

http://www.etimo.it/?term=condizione

"maniera di essere, stato, qualità" rendono bene l'idea, egli era in essenza Dio.
Anche se il Ghidelli vuole evitare la traduzione "natura" per morphè (comunque non dice che non sia possibile), esso è incluso (come secondo e a volte come primo) nel significato di morphè nei piu importanti lessici greci come mostrato sopra.


Per inciso . lo stesso Ghidelli afferma che "il termine "arpagmon" secondo l'Analysis philologica dello Zerwick non significa "tesoro geloso" da conservare solo per se (a parte la strana e stridente combinazione tra il sostantivo tesoro e l'aggettivo geloso), ma piu' esattamente "raptus,rapina,res percara avide arripienda".



Questo lo abbiamo chiarito no?
Sarebbe interessante sapere quali sono le conclusioni di ghidelli su questo argomento, chi era Cristo preumano per lui? un essere divino creato da Dio?

Ciao
Mario


andreiu2
00martedì 23 ottobre 2007 14:06
Re: Re:
[QUOTE:73500034=(Mario70), 23/10/2007 13.16
Se fosse come dici tu ci sarebbe stato scritto "os en morphè omoiomati theou" come è scritto dopo quando dice "simile agli uomini" invece non c'è scritto, li appare solo "morphè theou" forma di Dio punto, e dopo appare "morphè doulou" forma di servo, egli era nella condizione divina prima e scelse la condizione di servo poi.



Tra l'altro anche se ci fosse "omoios", potremmo legittimamente tradurre anche con "uguale", visto che la parola ha come radice "omos" che significa "uguale, identico". Per il resto concordo in pieno con Mario, visto che tutta la tesi si basa appunto sull'identica espressione "forma di Dio, forma di servo". Gesù stesso si definì servo quando disse "Io non sono venuto per essere servito, ma per servire".

[SM=g27985]
descubridor
00martedì 23 ottobre 2007 19:08
Re: Re:
(Mario70), 23/10/2007 13.16:


Da un punto di vista strettamente semantico,l'espressione puo' essere resa in modo da far pensare che Gesu' "era in essenza Dio" , o anche per suggerire che "la forma" di Gesu' prima di venire sulla terra fosse simile a quella di Dio.



Se fosse come dici tu ci sarebbe stato scritto "os en morphè omoiomati theou" come è scritto dopo quando dice "simile agli uomini" invece non c'è scritto, li appare solo "morphè theou" forma di Dio punto, e dopo appare "morphè doulou" forma di servo, egli era nella condizione divina prima e scelse la condizione di servo poi.



Del resto si sa che Cristo ha vissuto innumerevoli ere al fianco di suo Padre e che e' diverso da qualsiasi altra creatura dell'universo, creato direttamente dal Padre.



Queste sono tue congetture personali che non devono influire nella traduzione del passo non essendo scritto da nessuna parte quanto sostieni.



Tornando alle due possibilita' le parole "prese la forma di uno schiavo" del versetto 7 dovrebbero darci uno spunto di riflessione e farci propendere per la seconda ipotesi, dato che e' molto difficile che il versetto 7 sostenga che Gesu' era in essenza uno schiavo.
Viceversa indicano che Gesu' aveva un corpo umano analogo a quello degli altri uomini. Lo conferma anche il vers. 7, "simile agli uomini.



E no! è proprio questo il punto Gesù era un essere umano come noi, perfetto si, ma come noi, egli non era un essere spirituale materializzato o altro, aveva la natura umana, egli nacque nell'utero di Maria come un qualsiasi feto umano, ed era in tutto e per tutto un uomo come noi, ecco perchè prima doveva essere Dio come lo era suo padre, doveva condividerne la medesima natura, probabilmente Paolo uso "simile" agli uomini per distinguerlo dal peccato come dice in ebrei
ebrei 4:15 "Non abbiamo infatti un sommo sacerdote che non possa compatire alle nostre infermità, essendo stato tentato in tutto a nostra somiglianza, eccetto il peccato."
Resta il fatto che la parola "simile" non fu usata per descrivere la sua condizione divina.




Una ulteriore considerazione credo degna di riflessione e' quanto scrive Carlo Ghidelli( cattolico) circa fil2:5-11
Tra le altre cose , scrive nei lavori di revisione della Bibbia Cei in corso a proposito di fil.2:6:
"Sembra opportuno evitare un termine troppo tecnico come "natura" che forse e' troppo carico di significati filosofico-teologici e che comunque , in questo contesto appare anche anacronistico.Si e' pensato di rendere il versetto " pur essendo di condizione divina"".( La traduzione della Bibbia nella Chiesa Italiana-Il Nuovo Testamento, a cura di Carlo Buzzetti e Carlo Ghidelli,Edizioni San Paolo srl , 1998, p.150).



E che cosa credi che significhi "essere nella condizione di Dio?"

http://www.etimo.it/?term=condizione

"maniera di essere, stato, qualità" rendono bene l'idea, egli era in essenza Dio.
Anche se il Ghidelli vuole evitare la traduzione "natura" per morphè (comunque non dice che non sia possibile), esso è incluso (come secondo e a volte come primo) nel significato di morphè nei piu importanti lessici greci come mostrato sopra.


Per inciso . lo stesso Ghidelli afferma che "il termine "arpagmon" secondo l'Analysis philologica dello Zerwick non significa "tesoro geloso" da conservare solo per se (a parte la strana e stridente combinazione tra il sostantivo tesoro e l'aggettivo geloso), ma piu' esattamente "raptus,rapina,res percara avide arripienda".



Questo lo abbiamo chiarito no?
Sarebbe interessante sapere quali sono le conclusioni di ghidelli su questo argomento, chi era Cristo preumano per lui? un essere divino creato da Dio?

Ciao
Mario





***Se fosse come dici tu ci sarebbe stato scritto "os en morphè omoiomati theou" come è scritto dopo quando dice "simile agli uomini" invece non c'è scritto, li appare solo "morphè theou" forma di Dio punto, e dopo appare "morphè doulou" forma di servo, egli era nella condizione divina prima e scelse la condizione di servo poi.

Mi potresti indicare in base a quale considerazione , la mancanza della parola omoiomati stravolge l'intero senso della frase, per cui si passa praticamente da "forma" a "sostanza"?
Morfe' e' la forma, l'aspetto del soggetto.
Il termine morfe'si ritrova nella LXX 3 volte in Giob4:16( forma ); Dan.3:16(espressione della faccia); Dan.5:16( colore della faccia). Quindi mai con il senso di natura.
Nel NT si trova in Mar.16:12 e indica l'aspetto, la sembianza corporea con cui appare ai discepoli ma non indica la natura o sostanza del Cristo.


***Queste sono tue congetture personali che non devono influire nella traduzione del passo non essendo scritto da nessuna parte quanto sostieni.

No.Queste non sono mie congetture personali piu' di quanto non lo siano le tue .
Esiste la teologia dei tdg, nei confronti delle quali tu puoi non essere d'accordo ovviamente , ma che esiste e si basa sulle Scritture.
L'affermazione che Gesu' e'creato dal padre, vissuto per innumerevoli ere ed e' diverso da qualsiasi altra creatura si basa tra le altre sulla scrittura di Col.1:15-17.


***E no! è proprio questo il punto Gesù era un essere umano come noi, perfetto si, ma come noi, egli non era un essere spirituale materializzato o altro, aveva la natura umana, egli nacque nell'utero di Maria come un qualsiasi feto umano, ed era in tutto e per tutto un uomo come noi, ecco perchè prima doveva essere Dio come lo era suo padre, doveva condividerne la medesima natura,

Guarda che involontariamente tu sostieni quello che dico io.Io ho proprio sostenuto che e' sulla base di questa corrispondenza di morfe' che si puo'sostenere che Cristo non e' il Dio Onnipotente. Certo che Gesu' era un uomo. Ma il versetto dice anche altro.
Morfe' doulou . Forma di uno schiavo. Stesse considerazioni di cui sopra. Il termine morfe' indica la forma e non la natura o essenza.
Il New International Dictionary of New Testament Theology dice che " Gesu' non usurpa il posto di Dio . La sua unita' col Padre non significa identita' assoluta di essere. Sebbene il Figlio di Dio nel suo essere preesistente era "in forma di Dio", egli resistette alla tentazione di essere uguale a Dio.


***E che cosa credi che significhi "essere nella condizione di Dio?"

Di certo e' piu' sfumato che natura o essenza, non trovi? Tra l'altro non necessariamente significa uguaglianza di sostanza o essenza perche' , tra le altre cose , bisogna esaminare l'uso del termine theos nelle scritture greche cristiane.


***Questo lo abbiamo chiarito no?
Sarebbe interessante sapere quali sono le conclusioni di ghidelli su questo argomento, chi era Cristo preumano per lui? un essere divino creato da Dio?

Nel passo che ho riportato non ci sono considerazioni teologiche ma solo sintattiche. Ho trovato interessante la sua chiosa sul termine natura e i suoi troppo carichi risvolti teologici. Capisci che usare natura o condizione in una traduzione con i significati che ti ho postato di morfe'cambia le cose.

Per concludere volevo soffermarmi un attimo su omoios.
Il termine omos secondo il Rocci ha come primo significato "simile" e non "uguale". E infatti il Rocci riporta anche il latino corrispondente similis, simul
Il termine omoios ha ugualmente come primo significato "simile"
Il termine omoiooma, omoiomatos significa immagine , simulacro.
Il termine omoiosis significa l'assomigliare, divenir simile.
Quindi e' molto distante da una identita' di sostanza.







andreiu2
00mercoledì 24 ottobre 2007 13:24
Re: Re: Re:
descubridor, 23/10/2007 19.08:




Nel NT si trova in Mar.16:12 e indica l'aspetto, la sembianza corporea con cui appare ai discepoli ma non indica la natura o sostanza del Cristo.



Che per "natura" vi siano altri termini è fuori discussione, infatti si è posta l'evidenza sul fatto che qui si parla della condizione, del ruolo di "Dio-servo". Tuttavia se intendiamo morphe come "forma e aspetto" mi pare impossibile pensare che un semplice rappresentante divino possa avere l'aspetto "di Dio".



L'affermazione che Gesu' e'creato dal padre, vissuto per innumerevoli ere ed e' diverso da qualsiasi altra creatura si basa tra le altre sulla scrittura di Col.1:15-17.



Questo è quello che ti insegna la Torre di Guardia, se leggessi quel testo, senza pregiudizi e soprattutto tenendo conto del contesto scopriresti che Paolo parla della supremazia di Cristo su tutte le cose.




Di certo e' piu' sfumato che natura o essenza, non trovi? Tra l'altro non necessariamente significa uguaglianza di sostanza o essenza perche' , tra le altre cose , bisogna esaminare l'uso del termine theos nelle scritture greche cristiane.



Essere nella condizione di Dio significa esserlo punto e basta. Ma come può una creatura (come voi sostenete) essere nella condizione di Dio, con tutto ciò che poi questo comporta. In Lui non per niente abita la pienezza della deità (Cl 2:9).






Per concludere volevo soffermarmi un attimo su omoios.
Il termine omos secondo il Rocci ha come primo significato "simile" e non "uguale". E infatti il Rocci riporta anche il latino corrispondente similis, simul
Il termine omoios ha ugualmente come primo significato "simile"
Il termine omoiooma, omoiomatos significa immagine , simulacro.
Il termine omoiosis significa l'assomigliare, divenir simile.
Quindi e' molto distante da una identita' di sostanza.



Il Montanari, uno dei lessici di greco migliori che ci siano in italiano parla di "omos" solo come uguale, identico, anche nella forma avverbiale. Il Rocci, pur essendo un buon dizionario, è piuttosto datato, il Montanari è la regola per i licei classici odierni.

Saluti






descubridor
00mercoledì 24 ottobre 2007 16:05
Re: Re: Re: Re:
andreiu2, 24/10/2007 13.24:








***Che per "natura" vi siano altri termini è fuori discussione, infatti si è posta l'evidenza sul fatto che qui si parla della condizione, del ruolo di "Dio-servo". Tuttavia se intendiamo morphe come "forma e aspetto" mi pare impossibile pensare che un semplice rappresentante divino possa avere l'aspetto "di Dio".

Ma tu i post altrui li leggi?
Se non li leggi sei pregato di farlo, se li leggi vedrai che la tua affermazione sul fatto che un rappresentante di Dio possa avere "l'aspetto di Dio" si collega all'uso che nel NT si fa del termine theos.

***Questo è quello che ti insegna la Torre di Guardia, se leggessi quel testo, senza pregiudizi e soprattutto tenendo conto del contesto scopriresti che Paolo parla della supremazia di Cristo su tutte le cose.

La prima parte di questa risposta e' di un fazioso francamente poco sopportabile.
Io mi domando come voi, solo perche' siete moderatori, possiate a volte dire qualsiasi stupidaggine vi passi per la testa.
Ma tu con quale autorita' vieni a dirmi una cosa simile? Ma non hai altri argomenti da portare? Sei cosi' alla frutta? Sei gia' stato smentito su arpagmos. Ma almeno abbi la decenza di pensare a quello che, sbagliando, insegnano a te.
Se mi mettessi sullo stesso tuo piano potrei dirti che e' quello che scrivi tu che e' un dogma indimostrato e basato su libri di uno o piu' dei tanti rivoli del protestantesimo.
E a proposito di contesto , rileggiti tu il contesto Colossesi e poi parliamo del significato di primogenito.


***Essere nella condizione di Dio significa esserlo punto e basta. Ma come può una creatura (come voi sostenete) essere nella condizione di Dio, con tutto ciò che poi questo comporta. In Lui non per niente abita la pienezza della deità (Cl 2:9).

Ah si, perche' lo dici tu?
Leggiti Col.1:19 e poi ne riparliamo.


***Il Montanari, uno dei lessici di greco migliori che ci siano in italiano parla di "omos" solo come uguale, identico, anche nella forma avverbiale. Il Rocci, pur essendo un buon dizionario, è piuttosto datato, il Montanari è la regola per i licei classici odierni.

Premesso che io non ho il Montanari, se e' vero che ha solo la lezione "uguale", ti consiglio vivamente di tornare al Rocci,o almeno di integrarlo.
Sul Rocci si sono formate generazioni di liceali classici e universitari. E' vero che e' datato ma da quello che scrivi e' ancora assolutamente all'avanguardia.
Poi fai come vuoi.






andreiu2
00mercoledì 24 ottobre 2007 16:18
Re: Re: Re: Re: Re:
descubridor, 24/10/2007 16.05:





Ma tu i post altrui li leggi?
Se non li leggi sei pregato di farlo, se li leggi vedrai che la tua affermazione sul fatto che un rappresentante di Dio possa avere "l'aspetto di Dio" si collega all'uso che nel NT si fa del termine theos.



Certo che li leggo i post altrui e ti ripeto che francamente mi pare impossibile che un rappresentante di Dio possa avere la morphe di Dio, essere nella condizione di Dio. Ti vorrei anche ricordare che in Fl 2:6 vi è un participio presente straordinario "hyparchon" che indica una continuità di esistenza in quello stato.



La prima parte di questa risposta e' di un fazioso francamente poco sopportabile.
Io mi domando come voi, solo perche' siete moderatori, possiate a volte dire qualsiasi stupidaggine vi passi per la testa.



Perchè avrei detto una menzogna? Non è forse vero che è la Torre di Guardia ad insegnarvi quello che tu mi dici? Ti vorrei ricordare che sei stato tu il primo a dire che la Bibbia insegna inequivocabilmente che Cristo è stato creato dal padre, dicendo implicitamente che tutti i trinitari non sanno leggere la Bibbia. Quindi ti prego di moderare i termini grazie.


Sei gia' stato smentito su arpagmos.



Ma dove sarei stato smentito?


Ma almeno abbi la decenza di pensare a quello che, sbagliando, insegnano a te.



Ciò di cui sono convinto è perchè leggo la Bibbia da vent'anni, non perchè l'ho imparato da qualche rivista.


Se mi mettessi sullo stesso tuo piano potrei dirti che e' quello che scrivi tu che e' un dogma indimostrato e basato su libri di uno o piu' dei tanti rivoli del protestantesimo.



Questo è stato detto tante volte in questo forum. Tutti i trinitari sono stati accusati da voi di aver digerito una dottrina post apostolica, intrisa di filosofia, puoi negarlo?



E a proposito di contesto , rileggiti tu il contesto Colossesi e poi parliamo del significato di primogenito.



Non è l'argomento del thread.



Premesso che io non ho il Montanari, se e' vero che ha solo la lezione "uguale", ti consiglio vivamente di tornare al Rocci,o almeno di integrarlo.
Sul Rocci si sono formate generazioni di liceali classici e universitari. E' vero che e' datato ma da quello che scrivi e' ancora assolutamente all'avanguardia.
Poi fai come vuoi.



Guarda che non basta avere un buon dizionario per saper tradurre. Ancora c'è il terribile equivoco nel dire attestato= possibile, ma non è così. Bisogna capire come e dove inserire un lemma stando attenti al costrutto della frase, all'uso statistico della parola ecc.. Comunque non è il caso credo di stare ancora su "omos" visto che in Fl 2:6 è assente.

Saluti








(Mario70)
00mercoledì 24 ottobre 2007 17:46
Re: Re: Re: Re: Re:
descubridor, 24/10/2007 16.05:




***Che per "natura" vi siano altri termini è fuori discussione, infatti si è posta l'evidenza sul fatto che qui si parla della condizione, del ruolo di "Dio-servo". Tuttavia se intendiamo morphe come "forma e aspetto" mi pare impossibile pensare che un semplice rappresentante divino possa avere l'aspetto "di Dio".

Ma tu i post altrui li leggi?
Se non li leggi sei pregato di farlo, se li leggi vedrai che la tua affermazione sul fatto che un rappresentante di Dio possa avere "l'aspetto di Dio" si collega all'uso che nel NT si fa del termine theos.

***Questo è quello che ti insegna la Torre di Guardia, se leggessi quel testo, senza pregiudizi e soprattutto tenendo conto del contesto scopriresti che Paolo parla della supremazia di Cristo su tutte le cose.

La prima parte di questa risposta e' di un fazioso francamente poco sopportabile.
Io mi domando come voi, solo perche' siete moderatori, possiate a volte dire qualsiasi stupidaggine vi passi per la testa.
Ma tu con quale autorita' vieni a dirmi una cosa simile? Ma non hai altri argomenti da portare? Sei cosi' alla frutta? Sei gia' stato smentito su arpagmos. Ma almeno abbi la decenza di pensare a quello che, sbagliando, insegnano a te.
Se mi mettessi sullo stesso tuo piano potrei dirti che e' quello che scrivi tu che e' un dogma indimostrato e basato su libri di uno o piu' dei tanti rivoli del protestantesimo.
E a proposito di contesto , rileggiti tu il contesto Colossesi e poi parliamo del significato di primogenito.


***Essere nella condizione di Dio significa esserlo punto e basta. Ma come può una creatura (come voi sostenete) essere nella condizione di Dio, con tutto ciò che poi questo comporta. In Lui non per niente abita la pienezza della deità (Cl 2:9).

Ah si, perche' lo dici tu?
Leggiti Col.1:19 e poi ne riparliamo.


***Il Montanari, uno dei lessici di greco migliori che ci siano in italiano parla di "omos" solo come uguale, identico, anche nella forma avverbiale. Il Rocci, pur essendo un buon dizionario, è piuttosto datato, il Montanari è la regola per i licei classici odierni.

Premesso che io non ho il Montanari, se e' vero che ha solo la lezione "uguale", ti consiglio vivamente di tornare al Rocci,o almeno di integrarlo.
Sul Rocci si sono formate generazioni di liceali classici e universitari. E' vero che e' datato ma da quello che scrivi e' ancora assolutamente all'avanguardia.
Poi fai come vuoi.





Fino ad ora questa discussione si è mantenuta su toni rispettosi e la mia premessa è stata proprio questa:

"Gradirei che le discussioni che nasceranno da questo commentario si svolgessero in maniera rispettosa e amorevole come ogni cristiano dovrebbe fare, quindi non accetterò attacchi personali verso chicchessia, sono nauseato da come si sono svolte le ultime discussioni su questo forum, è triste quando si devono bannare o riprendere le persone perchè non riescono a comportarsi in maniera civile. "

La risposta che hai dato ad andrea non va in questa direzione e a mio parere la tua reazione è spropositata, del resto Andrea ti ha solo scritto che quello che hai imparato viene dalla torre di guardia e questo non è di per se offensivo, mentre le tue parole lo sono state eccome.
Questa non è e non deve essere una sfida su chi ha ragione in assoluto e chi no; siamo qui per confrontarci e gradirei che si continuasse in questa direzione e questo vale per tutti.

Saluti Mario (stavolta in veste di moderatore di questa sezione)

descubridor
00mercoledì 24 ottobre 2007 17:57
Re: Re: Re: Re: Re: Re:
andreiu2, 24/10/2007 16.18:





***Certo che li leggo i post altrui e ti ripeto che francamente mi pare impossibile che un rappresentante di Dio possa avere la morphe di Dio, essere nella condizione di Dio. Ti vorrei anche ricordare che in Fl 2:6 vi è un participio presente straordinario "hyparchon" che indica una continuità di esistenza in quello stato.

Ovviamente l'uso del participio presente(il verbo hyparchon puo' essere usato come equivalente di eimi') indica lo stato della persona in "forma di Dio"( ti ricordo sempre l'uso che nel NT viene fatto del termine theos), ma non presuppone necessariamente che quella persona sia il Dio Onnipotente.

"il quale, essendo nella forma di Dio, non considerò l’uguaglianza con Dio come una cosa da afferrare". The New Testament, di G. R. Noyes.

Egli — vera natura divina! — non si fece mai uguale a Dio confidando in se stesso". Das Neue Testament, ed. riveduta, di Friedrich Pfäfflin.

il quale, pur essendo in forma di Dio, non ritenne come cosa da far propria avidamente l’essere uguale a Dio". La Bibbia Concordata.

Queste sono traduzioni trinitarie . Considerale attentamente.


***Perchè avrei detto una menzogna? Non è forse vero che è la Torre di Guardia ad insegnarvi quello che tu mi dici? Ti vorrei ricordare che sei stato tu il primo a dire che la Bibbia insegna inequivocabilmente che Cristo è stato creato dal padre, dicendo implicitamente che tutti i trinitari non sanno leggere la Bibbia. Quindi ti prego di moderare i termini grazie.

Semmai si chiama Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, per tua conoscenza . Qui c'e' la prova che tu non leggi i post altrui, altroche'. Io non ho molto tempo da perdere pero'
Mario ha scritto:

***Queste sono tue congetture personali che non devono influire nella traduzione del passo non essendo scritto da nessuna parte quanto sostieni.

E io ho risposto:


No.Queste non sono mie congetture personali piu' di quanto non lo siano le tue .
Esiste la teologia dei tdg, nei confronti delle quali tu puoi non essere d'accordo ovviamente , ma che esiste e si basa sulle Scritture.
L'affermazione che Gesu' e'creato dal padre, vissuto per innumerevoli ere ed e' diverso da qualsiasi altra creatura si basa tra le altre sulla scrittura di Col.1:15-17.

Io, caro amico, ho sostenuto qualcosa basandola sulle scritture.
Anzi ho anche detto che ovviamente si puo' non essere d'accordo, ma non ho dato dell'ignorante a nessuno.Che ti piaccia o no ,una teologia tdg esiste.
Quindi chi deve moderare i termini non sono io. Dicendo che sei fazioso ho solo detto la verita' perche'mi giudichi senza conoscermi e mi metti in bocca cose che non ho mai detto.

***Ma dove sarei stato smentito?

No, il giochino non lo rifaccio come sopra. Cerca nei post che hai scritto e a cui ti si e' risposto e vedrai da te stesso.

***Ciò di cui sono convinto è perchè leggo la Bibbia da vent'anni, non perchè l'ho imparato da qualche rivista.

E questa affermazione cos e'? Non e' faziosa e non denota presupponenza?
Io non ti ho mai detto che tu abbia studiato la Bibbia sul bollettino parrocchiale della Chiesa Luterana o Evangelica.
Sei stato tu a fare una affermazione di questo genere nei miei confronti.
E quindi, visto che insisti ti chiedo: Ma tu cosa ne sai di me? Ma tu sai da quanto tempo leggo la Bibbia? Quali approfondimenti faccio ecc. E' questo l'atteggiamento fazioso e prevenuto che purtroppo e' in molti. E poi i settari saremmo noi.


***Questo è stato detto tante volte in questo forum. Tutti i trinitari sono stati accusati da voi di aver digerito una dottrina post apostolica, intrisa di filosofia, puoi negarlo?

Che sia post-apostolica e' un fatto. Ma che io abbia a priori tacciato un trinitario di dipendere dai bollettini parrocchiali o da riviste ( che tra l'altro , le nostre, sono molto istruttive e pratiche) questo ti sfido a dimostrarlo.

***Non è l'argomento del thread.

Vedi che non rileggi nemmeno i tuoi post. Col2:9 ( OT) l'hai inserito tu. Io ho solo risposto di conseguenza


***Guarda che non basta avere un buon dizionario per saper tradurre. Ancora c'è il terribile equivoco nel dire attestato= possibile, ma non è così. Bisogna capire come e dove inserire un lemma stando attenti al costrutto della frase, all'uso statistico della parola ecc.. Comunque non è il caso credo di stare ancora su "omos" visto che in Fl 2:6 è assente.

Certo, certo. E infatti le traduzioni di cui sopra ti rispondono( non sono traduzioni tdg ovviamente). Il termine omos non e' stato inserito da me . Io ho solo risposto.











descubridor
00mercoledì 24 ottobre 2007 18:08
Re: Re: Re: Re: Re: Re:
(Mario70), 24/10/2007 17.46:



Fino ad ora questa discussione si è mantenuta su toni rispettosi e la mia premessa è stata proprio questa:

"Gradirei che le discussioni che nasceranno da questo commentario si svolgessero in maniera rispettosa e amorevole come ogni cristiano dovrebbe fare, quindi non accetterò attacchi personali verso chicchessia, sono nauseato da come si sono svolte le ultime discussioni su questo forum, è triste quando si devono bannare o riprendere le persone perchè non riescono a comportarsi in maniera civile. "

La risposta che hai dato ad andrea non va in questa direzione e a mio parere la tua reazione è spropositata, del resto Andrea ti ha solo scritto che quello che hai imparato viene dalla torre di guardia e questo non è di per se offensivo, mentre le tue parole lo sono state eccome.
Questa non è e non deve essere una sfida su chi ha ragione in assoluto e chi no; siamo qui per confrontarci e gradirei che si continuasse in questa direzione e questo vale per tutti.

Saluti Mario (stavolta in veste di moderatore di questa sezione)




Caro Mario,
io mi pongo con le persone nella maniera con cui esse si pongono con me.
Ti parlo come moderatore e ti chiedo: come mai sino ad ora la discussione e' rimasta su un tono pacato? Mi sono forse svegliato male io? Non mi sembra.
Come avresti reagito tu se ti avessero detto che la dottrina della trinita' l'hai appresa e approfondita sul Messaggero di Sant'Antonio?( con tutto il rispetto) e facendo tra le righe passare l'idea che sei solo un ripetitore di idee altrui?
Tu hai detto che alla tua posizione sei arrivato dopo lunghe meditazioni e ricerche.
Possibile che per un tdg non valga l'esatto opposto?
Il signore mi conosce personalmente per fare certe gratuite osservazioni? E' questo il rispetto dovuto a tutti?
In una parola sono cristiano, ma non transigo sul rispetto di base che va riconosciuto a tutti.
Se poi qualcuno si offende perche' rispondo a tono , non so che farci. Non comincio mai io.

PS.: L affermazione che cio' che scrivo l'ho appreso dalla W non e' offensivo? Ah Mario, ma credi che sia nato ieri?


andreiu2
00giovedì 25 ottobre 2007 18:12
Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re:
[QUOTE:73558246=descubridor, 24/10/2007 17.57
Ovviamente l'uso del participio presente(il verbo hyparchon puo' essere usato come equivalente di eimi') indica lo stato della persona in "forma di Dio"( ti ricordo sempre l'uso che nel NT viene fatto del termine theos), ma non presuppone necessariamente che quella persona sia il Dio Onnipotente.



In questo caso abbiamo il verbo "uparchw" che è diverso da eimi. E' un termine composto da "upo" e "archw" ed indica all'attivo l'essere iniziatore di qualcosa, cominciare. Può anche avere la valenza di essere, ma quello che volevo sottolineare è la continità di tale stato dato dal participio. Per quanto concerne "theos" è stato più volte detto che il campo semantico nel NT si restringe notevolmente ed ha due significati: vero Dio e falso dio. L'unico caso di theos-elohim come rappresentanti divini l'abbiamo quando Gesùà cita il Sl 82 per ovvi motivi.


"il quale, essendo nella forma di Dio, non considerò l’uguaglianza con Dio come una cosa da afferrare". The New Testament, di G. R. Noyes.

Egli — vera natura divina! — non si fece mai uguale a Dio confidando in se stesso". Das Neue Testament, ed. riveduta, di Friedrich Pfäfflin.

il quale, pur essendo in forma di Dio, non ritenne come cosa da far propria avidamente l’essere uguale a Dio". La Bibbia Concordata.

Queste sono traduzioni trinitarie . Considerale attentamente.



Non vedo la difficoltà. Se come abbiamo appurato si parla di uguaglianza di condizione e ruolo, siamo d'accordo che Gesù non ha mai tentato di essere il Padre nella Sua funzione. Questo non inficia la sua uguaglianza in natura.


Io, caro amico, ho sostenuto qualcosa basandola sulle scritture.
Anzi ho anche detto che ovviamente si puo' non essere d'accordo, ma non ho dato dell'ignorante a nessuno.



Nemmeno io ti ho dato dell'ignorante. Non volevo certo offenderti nel dire che leggi le riviste della Torre di Guardia, oppure neghi di leggerle? La mia risposta era data dalla tua sicurezza intorno alla comprensione di Cl 1:15-17. Cmq se ti ho offeso ti chiedo scusa, non ho problemi a farlo.



Che ti piaccia o no ,una teologia tdg esiste.



Non ho mai detto il contrario.


Quindi chi deve moderare i termini non sono io. Dicendo che sei fazioso ho solo detto la verita' perche'mi giudichi senza conoscermi e mi metti in bocca cose che non ho mai detto.



Sono fazioso più di quanto non lo sia un tdg che afferma che il trinitario ha abbracciato una dottrina neoplatonica filisofica come la trinità. Neghi che in questo forum sia stato detto questo? Cmq chiudiamo la questione della faziosità ok?




No, il giochino non lo rifaccio come sopra. Cerca nei post che hai scritto e a cui ti si e' risposto e vedrai da te stesso.



Boh...io ho citato solo il Kittel intorno ad arpagmos, ho fatto una ricerca veloce su internet e pare che la filologia moderna indichi con "guadagno" l'attestazione più corretta. Se vuoi ti do i link.


E questa affermazione cos e'? Non e' faziosa e non denota presupponenza?



Hai ragione, la mia frase poteva essere fraintesa. Cmq non parlavo di te ma della maggioranza tdg che conosco.




Che sia post-apostolica e' un fatto.



In questo caso sei tu che stai cadendo nella faziosità.






Certo, certo. E infatti le traduzioni di cui sopra ti rispondono( non sono traduzioni tdg ovviamente). Il termine omos non e' stato inserito da me . Io ho solo risposto.



Il conoscitore di greco sa valutare se una traduzione del NT è valida oppure no. Non ci si può basare solo su uno studio comparato di traduzioni.

Saluti















descubridor
00venerdì 26 ottobre 2007 10:58
Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re:
andreiu2, 25/10/2007 18.12:








Ecco, questa e' l'attitudine che mi piace per un dialogo sereno e pacato.
Anche io chiedo scusa se ho risposto in modo forse aspro, ma il rispetto reciproco e' qualcosa su cui non transigo.
Ti posso assicurare che io non uso mai considerare con disprezzo, ne' con le cose che dico ne' con le cose che lascio intendere, i molti trinitari con cui parlo e che non conoscono nemmeno la dottrina in cui dicono di credere.
Le riviste W le leggo regolarmente( tra l'altro ho scritto che sono molto istruttive al di la' delle idee che uno puo' avere).
Ad esempio ho scoperto questo:

IL nome proprio di Dio, Geova, ricorre migliaia di volte nella Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture, pubblicata in tedesco nel 1971. Questa però non è la prima Bibbia tedesca che riporta il nome divino. Pare che esso compaia per la prima volta nella versione di Johann Eck, autorevole teologo cattolico, pubblicata quasi 500 anni fa.(W1/9/05 p. 32)( Tu lo sapevi? Sii sincero eh?)

Tuttavia un tdg non necessariamente legge solo la W e se vuole approfondire certe dottrine stai certo che puo' farlo consultando altre fonti e testi.
Non ci sono visite pastorali di richiamo all'ordine.
Infine non credo di essere fazioso quando dico che la dottrina della trinita' e' post- apostolica. Dico questo perche'altri trinitari lo hanno riconosciuto serenamente proprio su questo forum.

***In questo caso abbiamo il verbo "uparchw" che è diverso da eimi. E' un termine composto da "upo" e "archw" ed indica all'attivo l'essere iniziatore di qualcosa, cominciare. Può anche avere la valenza di essere, ma quello che volevo sottolineare è la continità di tale stato dato dal participio. Per quanto concerne "theos" è stato più volte detto che il campo semantico nel NT si restringe notevolmente ed ha due significati: vero Dio e falso dio. L'unico caso di theos-elohim come rappresentanti divini l'abbiamo quando Gesùà cita il Sl 82 per ovvi motivi.

Certo, il verbo uparchw e' diverso da eimi'. L'uso del verbo come equivalente di eimi' e' attestato dal Rocci a p.1885
Sull'uso di theos, gia' Origene aveva posto l'accento sulla distinzione che viene fatta tra "ho theos" con l'articolo determinativo( che viene usato per indicare il Dio Onnipotente) e "theos" senza articolo, usato per indicare un essere dalle caratteristiche divine, ma che non necessariamente e' il Dio Onnipotente.
Nelle scritture, come tu ben sai, un "theos" non e' per forza e sempre un falso dio ma puo' indicare un uomo dalle qualita divine(Eso4:16,Eso7:1), un giudice( Sal82:6),un angelo(Sal138:1. LXX), un qualunque re umano(Atti 12:22)
Se ad esempio prendiamo il Vangelo di Giovanni c e' proprio la distinzione tra "ho theos" e "theos" ad indicare la sua qualita' di essere divino ma non la sua uguaglianza con "l'unico vero Dio"( ton monon alethinos theon )o l'Iddio Onnipotente( Pantokrator).
L'opinione che tu sostieni secondo la quale tale uso di theos si fosse perduto nel I sec.e che theos( senza articolo) indichi solo il vero o i falsi dei e non piu' altri esseri genericamente divini non mi pare sostenuta dai testi disponibili
Ad esempio Filone nel I sec. definisce Mose'"theos" contrapposto al Dio Onnipotente definito "ho theos"( Vita di Mose'1,158)e definisce anche il " logos divino" come "theos" non identificandolo come Dio Onnipotente
Anche i primi cristiani continuarono questo possibile uso di theos.Nella lettera a Diogeneto( fine II sec.) viene definito "theos"( quindi persona dalle qualita' eccelse o eccezionale ma non vero o falso dio)colui che fa beneficenza(lettera a Diogeneto 10.6).
Quindi io non contesto che il participio di uparchw possa indicare uno stato che perdura. Cio' che non mi sembra attestato e' l'equiparazione tra stato che perdura e natura del "theos" di cui si parla che , visti i testi citati ,non necessariamente indica il Dio Onnipotente

***Non vedo la difficoltà. Se come abbiamo appurato si parla di uguaglianza di condizione e ruolo, siamo d'accordo che Gesù non ha mai tentato di essere il Padre nella Sua funzione. Questo non inficia la sua uguaglianza in natura.

Ovviamente non vedi la difficolta' se parti dall'assunto che il theos di cui si parla sia Dio Onnipotente. Altrimenti ( vedi sopra) queste traduzioni trinitarie qualche problema dovrebbero portelo.

***La mia risposta era data dalla tua sicurezza intorno alla comprensione di Cl 1:15-17

Io non ho sicurezze assolute.Certe posizioni le ho maturate e le maturo tutt'ora con lo studio( per il poco tempo che ho) e con il dialogo con chi la pensa molto diversamente da me. Questa attitudine di assoluta sicurezza la vedo invece in molti trinitari.Nonostante le contraddizioni in cui loro stessi cadono( vedi ad esempio i thread su 2Cor.1:3 e quello su Gesu' vero Dio e vero Uomo in questa stessa sezione.) Se vuoi, si potra' discutere serenamente anche su Col.1:15-17 e vedremo cosa salta fuori di istruttivo per noi.


***Boh...io ho citato solo il Kittel intorno ad arpagmos, ho fatto una ricerca veloce su internet e pare che la filologia moderna indichi con "guadagno" l'attestazione più corretta. Se vuoi ti do i link.

Questi sono i passaggi( gli *** sono tue dichiarazioni)

***E' un'attestazione piuttosto frequente, ma non è la sola. Inoltre tu stai dando il significato di "harpazw" non di "harpagmos". Io ho citato apposta il Kittel che in quanto a autorità di lessico neotestamentario non è secondo a nessuno, il quale conclude che dal termine di harpagmos "va esclusa ogni idea di furto e di rapina. Gesù, contrariamente a quanto ci si sarebbe atteso in base al comune modo di fare, non ha considerato l'uguaglianza con Dio come un guadagno di cui approfittare".

Il verbo arpazo ha la stessa radice di arpagmos e ha il significato attivo che ho gia' postato prima secondo il Dizionario dei concetti biblici del nuovo testamento e anche secondo il dizionario di greco di Liddell e Scott. Secondo lo studioso Tiedike ha il significato di "asportare"
Inoltre i sostantivi terminanti in "mos" derivati da un verbo diventavano deverbiali indicanti l'azione denotata dal verbo . Percio' arpagmos significherebbe " l'atto di afferrare" ,"rapina", da arpazo.

***Non lo si può dire visto che abbiamo il sostantivo e non il verbo. Si può dare sia l'una o l'altra lettura.

Vedi sopra.La lettura res rapta e' generalmente tarda.Inoltre il significato di "vantaggio,guadagno da afferrare" , basato sulle argomentazioni dello studioso Hoover sono state demolite da J.C. O'Neill nell'articolo "Hoover on Harpagmos Rewiewed, with a Modest Proposal Concerning Philippians 2:6. Harward Theological Rewiew 81 pp. 445-449.( fine del dialogo riportato)

***Il conoscitore di greco sa valutare se una traduzione del NT è valida oppure no. Non ci si può basare solo su uno studio comparato di traduzioni.

Certamente. Non solo, ma anche.
Ma qui si aprirebbe un OT





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