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filippesi 2:6

Ultimo Aggiornamento: 26/10/2007 11:02
18/10/2007 13:21
 
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res rapta res rapienda
Tempo fa, quando non avevo ancora accettato la dottrina della trinità, discutendo su filippesi 2:6 usavo portare all'attenzione delle persone il fatto che harpagmos non poteva essere tradotto con "tenere stretto" come fanno molte traduzioni, ma con "rapinare" o "afferrare violentemente", come prova di questo fatto usavo citare dall'opuscolo "dovreste credere nella trinità" dei tdg a pag 25 questa frase:
"A proposito dell’originale greco di questo passo, Ralph Martin, in un commento alla lettera ai Filippesi, scrive: “È discutibile, però, se il senso del verbo possa slittare dal suo vero significato, ‘afferrare’, ‘ghermire’, a quello di ‘tenere stretto’”. (The Epistle of Paul to the Philippians, Londra 1959, p. 97"

Una volta accettata la trinità mi ricordai di questo autore (citato come al solito parzialmente) e andando alla libreria Claudiana a Roma, vicino alla bellissima chiesa valdese, comprai il suo libro nella traduzione italiana a cura di Nicoletta Aresca e devo dire la verità lo trovai molto interessante, la cosa che apprezzo maggiormente di questo autore è il suo essere imparziale descrivendo le varie teorie che esistono in questo inno (a quanto pare prepaolino) e proponendo quella che per lui è la piu plausibile.
Accettare che harpagmos vada inteso nel senso di res rapienda, non inficia minimamente la trinità come è ben descritto in questo libro.

Gradirei che le discussioni che nasceranno da questo commentario si svolgessero in maniera rispettosa e amorevole come ogni cristiano dovrebbe fare, quindi non accetterò attacchi personali verso chicchessia, sono nauseato da come si sono svolte le ultime discussioni su questo forum, è triste quando si devono bannare o riprendere le persone perchè non riescono a comportarsi in maniera civile.
Come ho sempre ribadito odio quando si citano singoli periodi, senza poter essere in grado di vedere l'insieme dell'articolo che si sta citando, quindi esporrò per intero e senza tagli il capitolo dedicato a questo specialissimo e singolo versetto:







Ciao Mario
[Modificato da (Mario70) 18/10/2007 13:29]

"Il messaggio è chiaro. Il nostro amore per Geova dev’essere più forte del nostro amore per i familiari che gli divengono sleali.
Oggi Geova non mette immediatamente a morte quelli che violano le sue leggi.
Amorevolmente dà loro l’opportunità di pentirsi delle loro opere ingiuste. Ma come si sentirebbe Geova se i genitori di un trasgressore impenitente continuassero a metterLo alla prova frequentando senza necessità il loro figlio disassociato?"(La torre di Guardia 15 luglio 2011 pagine 31)
18/10/2007 16:51
 
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Re: res rapta res rapienda
(Mario70), 18/10/2007 13.21:

Tempo fa, quando non avevo ancora accettato la dottrina della trinità, discutendo su filippesi 2:6 usavo portare all'attenzione delle persone il fatto che harpagmos non poteva essere tradotto con "tenere stretto" come fanno molte traduzioni, ma con "rapinare" o "afferrare violentemente", come prova di questo fatto usavo citare dall'opuscolo "dovreste credere nella trinità" dei tdg a pag 25 questa frase:
"A proposito dell’originale greco di questo passo, Ralph Martin, in un commento alla lettera ai Filippesi, scrive: “È discutibile, però, se il senso del verbo possa slittare dal suo vero significato, ‘afferrare’, ‘ghermire’, a quello di ‘tenere stretto’”. (The Epistle of Paul to the Philippians, Londra 1959, p. 97"

Una volta accettata la trinità mi ricordai di questo autore (citato come al solito parzialmente) e andando alla libreria Claudiana a Roma, vicino alla bellissima chiesa valdese, comprai il suo libro nella traduzione italiana a cura di Nicoletta Aresca e devo dire la verità lo trovai molto interessante, la cosa che apprezzo maggiormente di questo autore è il suo essere imparziale descrivendo le varie teorie che esistono in questo inno (a quanto pare prepaolino) e proponendo quella che per lui è la piu plausibile.
Accettare che harpagmos vada inteso nel senso di res rapienda, non inficia minimamente la trinità come è ben descritto in questo libro.

Gradirei che le discussioni che nasceranno da questo commentario si svolgessero in maniera rispettosa e amorevole come ogni cristiano dovrebbe fare, quindi non accetterò attacchi personali verso chicchessia, sono nauseato da come si sono svolte le ultime discussioni su questo forum, è triste quando si devono bannare o riprendere le persone perchè non riescono a comportarsi in maniera civile.
Come ho sempre ribadito odio quando si citano singoli periodi, senza poter essere in grado di vedere l'insieme dell'articolo che si sta citando, quindi esporrò per intero e senza tagli il capitolo dedicato a questo specialissimo e singolo versetto:


Ciao Mario




La parola arpagmos ricorre una volta nel NT.
Ho consultato il buon vecchio Rocci e il primo significato che da' al verbo arpazo e' "rapinare", " strappare a forza", "portare via"( Pausania e Omero)
Il sostantivo equivalente arpagmos da' "ratto" , "rapina", latrocino"(Plutarco) e riferito al NT da' addirittura il significato di"pretendere una cosa come ingiusta prerogativa".
Il verbo arpazo si trova 14 volte nel NT( Furuli).
Secondo il "Dizionario dei concetti biblici del nuovo testamento di Coenen , Beyreuther e Bietenhard significa "impadronirsi di qualcosa", , "rubare" , "portare via con violenza", "asportare".
Non ha mai la forza stativa di afferrare qualcosa che gia' si possiede.


[Modificato da (Mario70) 18/10/2007 18:00]
18/10/2007 18:10
 
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Re: Re: res rapta res rapienda
descubridor, 18/10/2007 16.51:




La parola arpagmos ricorre una volta nel NT.
Ho consultato il buon vecchio Rocci e il primo significato che da' al verbo arpazo e' "rapinare", " strappare a forza", "portare via"( Pausania e Omero)
Il sostantivo equivalente arpagmos da' "ratto" , "rapina", latrocino"(Plutarco) e riferito al NT da' addirittura il significato di"pretendere una cosa come ingiusta prerogativa".
Il verbo arpazo si trova 14 volte nel NT( Furuli).
Secondo il "Dizionario dei concetti biblici del nuovo testamento di Coenen , Beyreuther e Bietenhard significa "impadronirsi di qualcosa", , "rubare" , "portare via con violenza", "asportare".
Non ha mai la forza stativa di afferrare qualcosa che gia' si possiede.




E' esattamente quello che credo io e il professore citato sopra...
Quello che mi premeva puntualizzare è che anche dando al verbo il significato basilare di res rapienda, la dottrina della trinità ne risulta ugualmente vincente.
Il logos preumano non volle rapinare la posizione unica che occupava il padre (il suo unico ruolo), oppure come scrisse Bonnard citato sopra, il logos esistendo nella condizione o carica divina, quale unica immagine e gloria di Dio, rifiutò di utilizzare tale posizione di favore per porsi in opposizione a suo padre.
Ciao


"Il messaggio è chiaro. Il nostro amore per Geova dev’essere più forte del nostro amore per i familiari che gli divengono sleali.
Oggi Geova non mette immediatamente a morte quelli che violano le sue leggi.
Amorevolmente dà loro l’opportunità di pentirsi delle loro opere ingiuste. Ma come si sentirebbe Geova se i genitori di un trasgressore impenitente continuassero a metterLo alla prova frequentando senza necessità il loro figlio disassociato?"(La torre di Guardia 15 luglio 2011 pagine 31)
19/10/2007 10:05
 
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Re: Re: Re: res rapta res rapienda
(Mario70), 18/10/2007 18.10:


E' esattamente quello che credo io e il professore citato sopra...
Quello che mi premeva puntualizzare è che anche dando al verbo il significato basilare di res rapienda, la dottrina della trinità ne risulta ugualmente vincente.
Il logos preumano non volle rapinare la posizione unica che occupava il padre (il suo unico ruolo), oppure come scrisse Bonnard citato sopra, il logos esistendo nella condizione o carica divina, quale unica immagine e gloria di Dio, rifiutò di utilizzare tale posizione di favore per porsi in opposizione a suo padre.
Ciao




Quello che dici e' interessante perche' mi permette di fare una prima semplice considerazione.
Se le cose stanno semplicemente come dici tu e la traduzione in un modo o nell'altro non inficia la divinita' di Cristo, come mai molte traduzioni danno un significato ben diverso da quello che abbiamo visto di arpagmos
Esempio: La Cei traduce il versetto con
"Cristo Gesu', il quale, pur essendo di natura divina, non considero' un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio,ma spoglio' se stesso , assumendo la condizione di servo e divenedo simile agli uomini"

E' evidente che questa traduzione risente della teologia dei traduttori. Parole affini ad arpagmos vengono usate dai traduttori Cei ed altri sempre con il senso di rubare, strappare qualcosa che non appartiene. Solo in fil.2:6 viene introdotto il senso di "res rapta" cioe' non di qualcosa che non si possiede da afferrare( res rapienda) ma di un bottino o preda che gia' si possiede.


[Modificato da descubridor 19/10/2007 10:06]
19/10/2007 10:33
 
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Re: Re: Re: Re: res rapta res rapienda
descubridor, 19/10/2007 10.05:



Quello che dici e' interessante perche' mi permette di fare una prima semplice considerazione.
Se le cose stanno semplicemente come dici tu e la traduzione in un modo o nell'altro non inficia la divinita' di Cristo, come mai molte traduzioni danno un significato ben diverso da quello che abbiamo visto di arpagmos
Esempio: La Cei traduce il versetto con
"Cristo Gesu', il quale, pur essendo di natura divina, non considero' un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio,ma spoglio' se stesso , assumendo la condizione di servo e divenedo simile agli uomini"

E' evidente che questa traduzione risente della teologia dei traduttori. Parole affini ad arpagmos vengono usate dai traduttori Cei ed altri sempre con il senso di rubare, strappare qualcosa che non appartiene. Solo in fil.2:6 viene introdotto il senso di "res rapta" cioe' non di qualcosa che non si possiede da afferrare( res rapienda) ma di un bottino o preda che gia' si possiede.




Dal mio punto di vista infatti (e da quello del professor Martin)quelle traduzioni non rendono bene l'idea di harpagmos, ma sia chiaro che il senso di res rapta è linguisticamente possibile, ma se esaminiamo attentamente il contesto non è da preferire anzi... per quanto riguarda il lasciarsi influenzare dalla teologia dei traduttori non l'ho mai negato, ce ne sono altre che sono andate anche oltre e il Martin cita ad esempio la NIV.
Ciao caro
Mario


"Il messaggio è chiaro. Il nostro amore per Geova dev’essere più forte del nostro amore per i familiari che gli divengono sleali.
Oggi Geova non mette immediatamente a morte quelli che violano le sue leggi.
Amorevolmente dà loro l’opportunità di pentirsi delle loro opere ingiuste. Ma come si sentirebbe Geova se i genitori di un trasgressore impenitente continuassero a metterLo alla prova frequentando senza necessità il loro figlio disassociato?"(La torre di Guardia 15 luglio 2011 pagine 31)
19/10/2007 21:29
 
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Ragazzi, questo è il mio punto di vista su Filippesi 2,6. Spero che vi edifichi

www.gaetano.riforma.net

FILIPPESI 2,6


Un altro brano cardine dimostrante palesemente l'uguaglianza divina del Figlio nei confronti del Padre è il brano della lettera ai filippesi, capitolo secondo, dal versetto quinto al settimo, leggiamo e approfondiamo il contenuto:

"Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù, il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma spogliò sé stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini". (Filippesi 2,5-7).

L'apostolo Paolo inizia la parte focale del discorso rivelando che Gesù Cristo prima di venire sulla terra sussisteva nella "forma di Dio". Cosa vuol dire? Il termine "forma" è la traduzione della parola greca "morfêi". Il suo principale significato è quello di "forma" "figura", "apparenza", in sostanza "forma esteriore". Ciò significa che il Figlio di Dio era nell'apparenza o esteriormente, Dio, segno evidente della sua natura divina. Saulo di Tarso continuando poi nella sua esposizione, scrive: "non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente". Prima di trarre una spiegazione conclusiva da tale frase è importante vedere come traducono altre versioni bibliche:

"non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio". (CEI)
"non ha rivendicato il suo diritto di essere trattato come uguale a Dio". (BJ)
"non considerò l'essere uguale a Dio come qualcosa d'afferrare". (ASV)
"non reputò rapina l'essere uguale a Dio". (VR), (Di)

Quindi in sostanza l'apostolo dei gentili dice che il Salvatore: "non considerò l'essere uguale al Padre come qualcosa d'afferrare o da rapinare, come se dovesse considerare ciò un bottino da prendere con la forza".

Questo cosa vuol dire? Ad esso vengono date due spiegazioni alternative:

1) Gesù pur essendo in forma di Dio, non pensò o non ritenne egoisticamente di conservare o tenere tenacemente con sé le prerogative di uguaglianza con il Padre. Di questo avviso sono i studiosi come Arthur Way e Joseph Thayer.

2) "Gesù Cristo non usurpa il posto di Dio. La sua unità con il Padre non significa unità assoluta di essere. Sebbene il Figlio di Dio nel suo essere preesistente era in - la forma di Dio, egli
resistette alla tentazione di essere uguale a Dio.". - The New International Dictionary of New Testament Theology (1976) Grand Rapids, Michigan. Vol. II, pag. 80.

Come si può notare, la prima esposizione dice che Gesù essendo uguale al Padre non considerò tale uguaglianza come qualcosa da afferrare, mentre la seconda tesi afferma che Gesù non usurpa il posto di Dio egli resistette alla tentazione di essere uguale a Dio. Ebbene, quale delle due è in armonia col contesto?

FORMA DI DIO, FORMA DI SERVO, ESPRESSIONI PARALLELE.

Leggendo i versi sei e sette dell'epistola ai filippesi capitolo due, notiamo che san Paolo fa, mette in risalto un parallelismo riguardante la persona del Signore Gesù.

Per l'apostolo, il Figlio nella sua precedente esistenza, ossia prima di venire su questa terra, era in "forma di Dio", mentre proprio nel verso successivo è interessante notare come lo stesso apostolo dei gentili definisce il Salvatore in "forma di servo". Ebbene, questa espressione è molto importante, addirittura determinante per la corretta comprensione del brano di Filippesi 2,5-9, perché?
Il Figlio di Dio incarnandosi divenne un servo di Dio a tutti gli effetti, un "vero servitore, perfettamente uguale a un autentico schiavo di Dio e un integerrimo osservante della legge di Yahvé". In base a tale indiscutibile verità e tenendo conto del raffronto parallelo, si arriva a tale ovvia e logica conclusione.

Il Figlio di Dio era in "forma di Dio" perché era vero Dio, ossia uguale, identico al Padre, pur essendo distinto da lui come persona.

Quindi il Salvatore "non considerò l'essere uguale a Dio come qualcosa da afferrare" perché tale uguaglianza era comunque da sempre in suo possesso, faceva parte della sua natura intrinseca.

BREVE COMMENTO A FILIPPESI 2,5-9.

In questo commento riporteremo parte delle considerazioni tratte in precedenza, però inserite in un contesto più ampio in modo da facilitare ulteriormente la comprensione e l'accettazione di esse e infine provare ulteriormente la loro veridicità.

"Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù," (Filippesi 2,5).

Quì san Paolo sottolinea o vuole mettere in risalto una qualità o caratteristica che dovrebbe accomunare ogni credente in Cristo, l'umiltà. Il desiderare di sottomettersi a Dio pienamente con uno spirito di obbedienza incondizionata e prende come punto di riferimento proprio il Figlio di Dio, massimo esempio di umiltà.

"il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente," (Filippesi 2,6).

La parola "essendo" è la traduzione del termine greco "huparchôn", il quale significa basilarmente, "rimanere" o "non cessando di essere". Ciò vuol dire che Gesù sia prima che dopo l'incarnazione, continuò a "rimanere" appunto nella "forma di Dio", ad essere "uguale a Dio". Ed è proprio per questo motivo che non ritenne necessario afferrare tale uguaglianza condivisa con il suo Padre celeste.

"ma spogliò sé stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini;" (Filippesi 2,7).

Nel verso sette si evidenzia chiaramente la grande umiltà del Signore Gesù. Colui che condivideva la posizione e l'onore con il Padre suo, lasciò tutto ciò annichilendosi, ossia abbassandosi, assumendo la posizione e la forma di servo, divenendo quindi un servo di Dio a tutti gli effetti.

"trovato esteriormente come un uomo, umiliò sé stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce". (Filippesi 2,8).

L'ubbidienza a Dio fu completa, piena. Il Signore Gesù fece la volontà del Padre fino alla fine. Persino di fronte alla morte il Cristo non cessò di guardare Iddio, di ubbidire a lui e sottomettersi umilmente sotto le sue ali.

"Perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome", (Filippesi 2,9).

A causa della totale fedeltà di Gesù, il suo Dio alla fine lo ha esaltato. Il Cristo si era abbassato fino a diventare il servo dei servi di Dio e il Padre lo ha premiato, innalzandolo e dandogli un nome che è al di sopra di ogni altro nome, ridandogli la posizione e l'onore che aveva prima di venire su questa terra, (Giovanni 17,5).
19/10/2007 23:00
 
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Re:
-Gaetano-, 19/10/2007 21.29:


Ragazzi, questo è il mio punto di vista su Filippesi 2,6. Spero che vi edifichi


FILIPPESI 2,6


Un altro brano cardine dimostrante palesemente l'uguaglianza divina del Figlio nei confronti del Padre è il brano della lettera ai filippesi, capitolo secondo, dal versetto quinto al settimo, leggiamo e approfondiamo il contenuto:

"Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù, il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma spogliò sé stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini". (Filippesi 2,5-7).

L'apostolo Paolo inizia la parte focale del discorso rivelando che Gesù Cristo prima di venire sulla terra sussisteva nella "forma di Dio". Cosa vuol dire? Il termine "forma" è la traduzione della parola greca "morfêi". Il suo principale significato è quello di "forma" "figura", "apparenza", in sostanza "forma esteriore". Ciò significa che il Figlio di Dio era nell'apparenza o esteriormente, Dio, segno evidente della sua natura divina. Saulo di Tarso continuando poi nella sua esposizione, scrive: "non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente". Prima di trarre una spiegazione conclusiva da tale frase è importante vedere come traducono altre versioni bibliche:

"non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio". (CEI)
"non ha rivendicato il suo diritto di essere trattato come uguale a Dio". (BJ)
"non considerò l'essere uguale a Dio come qualcosa d'afferrare". (ASV)
"non reputò rapina l'essere uguale a Dio". (VR), (Di)

Quindi in sostanza l'apostolo dei gentili dice che il Salvatore: "non considerò l'essere uguale al Padre come qualcosa d'afferrare o da rapinare, come se dovesse considerare ciò un bottino da prendere con la forza".

Questo cosa vuol dire? Ad esso vengono date due spiegazioni alternative:

1) Gesù pur essendo in forma di Dio, non pensò o non ritenne egoisticamente di conservare o tenere tenacemente con sé le prerogative di uguaglianza con il Padre. Di questo avviso sono i studiosi come Arthur Way e Joseph Thayer.

2) "Gesù Cristo non usurpa il posto di Dio. La sua unità con il Padre non significa unità assoluta di essere. Sebbene il Figlio di Dio nel suo essere preesistente era in - la forma di Dio, egli
resistette alla tentazione di essere uguale a Dio.". - The New International Dictionary of New Testament Theology (1976) Grand Rapids, Michigan. Vol. II, pag. 80.

Come si può notare, la prima esposizione dice che Gesù essendo uguale al Padre non considerò tale uguaglianza come qualcosa da afferrare, mentre la seconda tesi afferma che Gesù non usurpa il posto di Dio egli resistette alla tentazione di essere uguale a Dio. Ebbene, quale delle due è in armonia col contesto?

FORMA DI DIO, FORMA DI SERVO, ESPRESSIONI PARALLELE.

Leggendo i versi sei e sette dell'epistola ai filippesi capitolo due, notiamo che san Paolo fa, mette in risalto un parallelismo riguardante la persona del Signore Gesù.

Per l'apostolo, il Figlio nella sua precedente esistenza, ossia prima di venire su questa terra, era in "forma di Dio", mentre proprio nel verso successivo è interessante notare come lo stesso apostolo dei gentili definisce il Salvatore in "forma di servo". Ebbene, questa espressione è molto importante, addirittura determinante per la corretta comprensione del brano di Filippesi 2,5-9, perché?
Il Figlio di Dio incarnandosi divenne un servo di Dio a tutti gli effetti, un "vero servitore, perfettamente uguale a un autentico schiavo di Dio e un integerrimo osservante della legge di Yahvé". In base a tale indiscutibile verità e tenendo conto del raffronto parallelo, si arriva a tale ovvia e logica conclusione.

Il Figlio di Dio era in "forma di Dio" perché era vero Dio, ossia uguale, identico al Padre, pur essendo distinto da lui come persona.

Quindi il Salvatore "non considerò l'essere uguale a Dio come qualcosa da afferrare" perché tale uguaglianza era comunque da sempre in suo possesso, faceva parte della sua natura intrinseca.

BREVE COMMENTO A FILIPPESI 2,5-9.

In questo commento riporteremo parte delle considerazioni tratte in precedenza, però inserite in un contesto più ampio in modo da facilitare ulteriormente la comprensione e l'accettazione di esse e infine provare ulteriormente la loro veridicità.

"Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù," (Filippesi 2,5).

Quì san Paolo sottolinea o vuole mettere in risalto una qualità o caratteristica che dovrebbe accomunare ogni credente in Cristo, l'umiltà. Il desiderare di sottomettersi a Dio pienamente con uno spirito di obbedienza incondizionata e prende come punto di riferimento proprio il Figlio di Dio, massimo esempio di umiltà.

"il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente," (Filippesi 2,6).

La parola "essendo" è la traduzione del termine greco "huparchôn", il quale significa basilarmente, "rimanere" o "non cessando di essere". Ciò vuol dire che Gesù sia prima che dopo l'incarnazione, continuò a "rimanere" appunto nella "forma di Dio", ad essere "uguale a Dio". Ed è proprio per questo motivo che non ritenne necessario afferrare tale uguaglianza condivisa con il suo Padre celeste.

"ma spogliò sé stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini;" (Filippesi 2,7).

Nel verso sette si evidenzia chiaramente la grande umiltà del Signore Gesù. Colui che condivideva la posizione e l'onore con il Padre suo, lasciò tutto ciò annichilendosi, ossia abbassandosi, assumendo la posizione e la forma di servo, divenendo quindi un servo di Dio a tutti gli effetti.

"trovato esteriormente come un uomo, umiliò sé stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce". (Filippesi 2,8).

L'ubbidienza a Dio fu completa, piena. Il Signore Gesù fece la volontà del Padre fino alla fine. Persino di fronte alla morte il Cristo non cessò di guardare Iddio, di ubbidire a lui e sottomettersi umilmente sotto le sue ali.

"Perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome", (Filippesi 2,9).

A causa della totale fedeltà di Gesù, il suo Dio alla fine lo ha esaltato. Il Cristo si era abbassato fino a diventare il servo dei servi di Dio e il Padre lo ha premiato, innalzandolo e dandogli un nome che è al di sopra di ogni altro nome, ridandogli la posizione e l'onore che aveva prima di venire su questa terra, (Giovanni 17,5).






Se ho capito bene tu preferisci il "res rapta" non è vero?
Secondo te egli non volle rapinare l'uguaglianza col padre perchè l'aveva gia... ma non ti sembra inverosimile e contraddittorio? Che esempio avrebbe dato questo ai lettori della lettera ai quali Paolo voleva insegnare l'umiltà? Non ambite a cio che avete gia?
Rispetto questo tuo punto di vista ma non lo condivido, secondo me non è in gioco l'uguaglianza di natura col padre (è insita nella sua morphè), ma l'uguagliarlo nel suo proprio ruolo, da quello che ho capito io, Cristo non volle appropriarsi del ruolo unico del padre.
Comunque grazie del tuo preziosissimo intervento, queste discussioni servono proprio a confrontarci e ad imparare sempre di piu su cosa crede l'altro non è vero?
Saluti Mario
[Modificato da (Mario70) 19/10/2007 23:02]

"Il messaggio è chiaro. Il nostro amore per Geova dev’essere più forte del nostro amore per i familiari che gli divengono sleali.
Oggi Geova non mette immediatamente a morte quelli che violano le sue leggi.
Amorevolmente dà loro l’opportunità di pentirsi delle loro opere ingiuste. Ma come si sentirebbe Geova se i genitori di un trasgressore impenitente continuassero a metterLo alla prova frequentando senza necessità il loro figlio disassociato?"(La torre di Guardia 15 luglio 2011 pagine 31)
20/10/2007 05:35
 
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Se ho capito bene tu preferisci il "res rapta" non è vero?

Si Mario.

Secondo te egli non volle rapinare l'uguaglianza col padre perchè l'aveva gia... ma non ti sembra inverosimile e contraddittorio?

No Mario, il concetto espresso nel brano sta in questo. Il Signore Gesù, nonostante fosse per natura uguale al Padre suo, non "afferrò" o non si aggrappò a tale sua posizione che oltretutto aveva di diritto, ma umilmente lasciò tale sua posizione diventando il servo dei servi di Dio.

Che esempio avrebbe dato questo ai lettori della lettera ai quali Paolo voleva insegnare l'umiltà? Non ambite a cio che avete gia?

No Mario. L'apostolo Paolo ha voluto semplicemente evidenziare la grande umiltà manifestata dal Cristo, il quale pur non essendone obbligato, ha fatto quello che ha fatto per amore di ubbidienza e di sottomissione al Padre suo. Ovviamente insieme all'amore che ha avuto per noi.

Rispetto questo tuo punto di vista ma non lo condivido, secondo me non è in gioco l'uguaglianza di natura col padre (è insita nella sua morphè),

Ma pure io credo che non vi sia in gioco l'uguaglianza di natura, ma si parla appunto di posizione. Ad ogni modo però viene sottolineata l'uguaglianza di natura che il Figlio ha col Padre.

ma l'uguagliarlo nel suo proprio ruolo, da quello che ho capito io, Cristo non volle appropriarsi del ruolo unico del padre.

Il Signore Gesù in cielo condivideva e condivide tutt'ora la posizione del Padre. Solo che tale posizione la lasciò temporaneamente durante il suo periodo terreno.

Comunque grazie del tuo preziosissimo intervento, queste discussioni servono proprio a confrontarci e ad imparare sempre di piu su cosa crede l'altro non è vero?

Certo Mario. Ti ringrazio per avermi espresso il tuo punto di vista.

Saluti Mario

Ciao,

Gaetano
20/10/2007 11:25
 
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Re:



No Mario, il concetto espresso nel brano sta in questo. Il Signore Gesù, nonostante fosse per natura uguale al Padre suo, non "afferrò" o non si aggrappò a tale sua posizione che oltretutto aveva di diritto, ma umilmente lasciò tale sua posizione diventando il servo dei servi di Dio.



Non si puo "afferrare" cio che si ha gia, per quanto riguarda l'"aggrapparsi" a cio che si ha gia, non rende l'idea di harpagmos ossia rapinare (ovviamente cio che non si ha), ti ricordo ad esempio le arpìe (le rapitrici) uccelli rapaci che rendono bene l'idea di quello che fanno quando attaccano.
Se si toglie il concetto di natura, al quale Cristo è uguale al padre essendone figlio, rimane quello di rango o ruolo, ed il figlio in quanto tale è sempre in uno stato di sottomissione rispetto al padre che lo ha generato come lo è un qualunque figlio nei confronti del padre, le scritture lo indicano ovunque e non ci vedo nulla di male in questo e non sminuiscono certo la figura di "Dio il figlio".



No Mario. L'apostolo Paolo ha voluto semplicemente evidenziare la grande umiltà manifestata dal Cristo, il quale pur non essendone obbligato, ha fatto quello che ha fatto per amore di ubbidienza e di sottomissione al Padre suo. Ovviamente insieme all'amore che ha avuto per noi.



Se aggiungiamo a questo il non voler prendere il posto proprio del padre, l'esempio è ancora piu calzante e il parallelo con Adamo è maggiore.



Ma pure io credo che non vi sia in gioco l'uguaglianza di natura, ma si parla appunto di posizione. Ad ogni modo però viene sottolineata l'uguaglianza di natura che il Figlio ha col Padre.



Bastano la parola figlio e il fatto che si trovasse nella morphè di Dio per farlo appartenere naturalmente nella categoria di Dio.



Il Signore Gesù in cielo condivideva e condivide tutt'ora la posizione del Padre. Solo che tale posizione la lasciò temporaneamente durante il suo periodo terreno.



Come gia detto non credo questo, forse questo potrà accadere dopo che egli consegnerà il regno a suo padre, momento in cui Dio diverrà "tutto in tutti".



Saluti Mario




"Il messaggio è chiaro. Il nostro amore per Geova dev’essere più forte del nostro amore per i familiari che gli divengono sleali.
Oggi Geova non mette immediatamente a morte quelli che violano le sue leggi.
Amorevolmente dà loro l’opportunità di pentirsi delle loro opere ingiuste. Ma come si sentirebbe Geova se i genitori di un trasgressore impenitente continuassero a metterLo alla prova frequentando senza necessità il loro figlio disassociato?"(La torre di Guardia 15 luglio 2011 pagine 31)
20/10/2007 17:15
 
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Stando al Kittel, Fl 2:6 sarebbe da tradurre in questo modo "non considerò l'uguaglianza con Dio un guadagno". Infatti "harpagmos" può avere anche questo significato, quello di ricompensa o privilegio, sebbene "harpazw" abbia prettamente il significato di "prendere con forza" o "rapinare".

Il problema è che nel testo non abbiamo il verbo, ma il sostantivo, ecco perchè le differenze traduttive. Io personalmente sono d'accordo con il Kittel che dà ad harpagmos quel tipo di significato.


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