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Tito2:13 Verso scritturale di Cristo Dio

Ultimo Aggiornamento: 11/01/2008 15:11
01/01/2008 13:43
 
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Re: Re: Re: Re: Re:
descubridor, 28/12/2007 19.04:





Affermi che il testo di Prov.24:21 non vale come testo in relazione alla regola di Sharp o sue possibili eccezioni?
Allora vediamo il testo che ci interessa da un punto di vista grammaticale:
Fobou :Verbo
ton :Articolo all'accusativo
theon :nome all'accusativo
uie :nome al vocativo.
kai :congiunzione
basilea:nome all'accusativo.

Vediamo le tue osservazioni:

***Innanzitutto guarda la punteggiatura che distinge chiaramente "theos" da "basilea". In Tt 2:13 non hai tale costruzione

Nessuno degli autori che ti ho citato e che tratta questo passo fa riferimento alla presenza della punteggiatura.Autori trinitari.
Il motivo e' ovvio . Invocare la presenza della punteggiatura per il testo della LXX e' irrilevante.

*** Come vedi è il testo stesso che mi segnala la presenza dei due soggetti e non di uno solo, quindi Pr 24:21 non vale come testo.

L'invocare il contesto per escludere la suddetta scrittura dalla regola di Sharp e' privo di fondamento. Infatti che dire allora della scrittura di 2PT1:1. In questo versetto voi trinitari invocate la regola di Sharp. Ma il contesto ( vers.2) parla di due persone e non una. Eppure il vers. 1 e' uno dei vostri cavalli di battaglia. Come la mettiamo?

In realta', nonostante cio' che affermi tu, ma che evidentemente non conosci, del versetto di Prov. 24:21 se ne parla eccome in relazione alla regola di Sharp e sue possibili eccezioni.
Tralasciando gli altri autori per non appesantire il discorso, porto alla tua attenzione il Wallace. Il Wallace,trinitario e se non erro evangelico, per chi non lo sapesse e' colui che ha per dir cosi' affinato la regola di Granville Sharp.
E' un cavallo di battaglia di tutti i trinitari.E mi stupisco di te. La sua opera " The Article with multiplies substantives connected by kai in the new testament : semantics and significance.Dallas Theological Seminary" alle pagine 125-127 affronta proprio la scrittura di Prov.24:21 in relazione alla regola di Sharp e sue possibili eccezioni.
In particolare si sofferma sul termine "basilea" privo di articolo.Da' tre spiegazioni sul perche', dal suo punto di vista e' usato senza l'articolo.
Ne tralascio due e mi concentro sulla terza che mi da' modo di evidenziarti qualche considerazione linguistica che evidentemente ti sfugge.
Se guardi la costruzione del versetto che ti ho evidenziato in alto vedrai che e' lo schema classico della costruzione di Sharp. C'e' in piu' il vocativo "uie" che si frappone. Al di la' di altre considerazioni Wallace riconosce che il kai connette i due sostantivi nonostante la presenza del vocativo e quindi e' evidente che qui ci troviamo in uno schema in cui la regola di Sharp viene ritenuta applicabile(Wallace, op.cit,p.126,note 116 e 117)
Certo , Wallace ritiene che questa non possa essere considerata una eccezione alla regola ma quello che qui importa e' sottolineare che la scrittura viene esaminata in relazione alla regola stessa.
Quindi come vedi la scrittura di Prov. 24:21 c'entra eccome con la regola di Sharp, a meno di considerare il massimo revisore dello stesso Sharp un emerito imbecille.Ma non credo arriverai a tanto.
I tuoi assunti sono quindi smentiti sia da un punto di vista linguistico sia documentale.
Per quanto riguarda l'epifaneia ripeto per l'ennesima volta che il discorso l'ho impostato in un certo modo e che prima di arrivare o meglio tornare a Tito2:13 mi premeva mettere in rilievo le eccezioni alla regola di Sharp sia nella scrittura veterotestamentaria in greco sia nel greco patristico.
Abbi fede che ci arrivo. In ogni caso ripeto che un mio primo accenno alla epifaneia se vuoi lo trovi in uno dei post di risposta a Mario.
Nel frattempo mi interesserebbe sapere la tua opinione sulle possibili eccezioni alla regola di Sharp nel greco patristico e che spero non scanserai.







Sebbene l'argomentazione su proverbi sia interessante, non è pertinente al tema, violando uno dei presupposti della regola di Sharp ossia la LXX traduce da un'altra lingua (l'ebraico) quindi trovo inutile soffermarci troppo su questa e su tutta la LXX in generale (riguardo tale regola) in quanto traduzione.
Trovo invece interessante Policarpo, mi piacerebbe fare delle ricerche in merito, ma per ora non ho tempo, sprono gli altri a cominciare.
Ciao amici
Mario
01/01/2008 14:38
 
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Ragazzi innanzitutto vi saluto augurandovi un felice 2008 e poi vi espongo il mio punto di vista su tito 2,13.Ancora un ciao a tutti.

TITO 2,13.

L'ultimo passo che esamineremo e che riguarda sempre la divinità di Cristo è (Tito 2,13).
Incominciando la nostra esposizione su tale versetto bisogna innanzitutto dire che fra le molte traduzioni bibliche, non vi è uniformità nel modo in cui viene tradotto. E' vero che la maggior parte delle versioni della parola di Dio lo rendono in modo simile alla Nuova Riveduta:

"aspettando la beata speranza e l'apparizione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore, Cristo Gesù".

Fra queste vi sono la CEI, VR, Di, ND, ASV e altre ancora. Ci sono però altre versioni le quali invece traducono in modo similmente alla Nardoni:

"in attesa della beata speranza e della gioiosa manifestazione del grande Iddio e del Salvatore nostro Gesù Cristo".

Come per esempio la:

"The New American Bible -NAB-(1986) With The Revised New Testament. Copyright © 1987 by Thomas Nelson, Inc", "La Sainte Bible -SE-(1912) Louis Segond" e "Nouvelle Traduction - La Bible -NT-(2001)".

Perché questa differenza? Qual'è la versione più fedele al testo greco dal punto di vista teologico-grammaticale?

Vi sono diversi grecisti i quali difendono l'attendibilità della prima e altri che invece considerano più esatta la seconda traduzione. Noi esamineremo le conclusioni di entrambi gli schieramenti, dopo di che darò la mia solita conclusiva risposta esponendo la mia opinione.

 "Gesù Cristo, Dio e Salvatore"

Molti studiosi di greco difendono e sostengono traduzioni di (Tito 2,13); analoghe alla (Nuova Riveduta). Essi dicono che nel passo biblico si parla di una sola persona, il Figlio appunto, il quale verrebbe così definito sia Dio che Salvatore. Di tale avviso sono: J. H. Moulton "Una Grammatica del Nuovo Testamento", pagina 84); A. T. Robertson "Una Grammatica del Greco del Nuovo Testamento alla luce della ricerca storica", pagine 785 e 786, ed altri ancora.

Vi è pure una regola grammaticale chiamata Granville Sharp che sostiene la stessa linea di pensiero. Essa infatti afferma:

"Quando il "kaì" collega due nomi nello stesso caso... se l'articolo "ò", oppure qualunque dei suoi casi, precede il primo dei menzionati nomi o participi, e non viene ripetuto davanti al secondo nome o participio, quest'ultimo ha sempre a che fare con la stessa persona che è interessata o descritta dal primo nome o participio: cioé denota un'ulteriore descrizione della prima persona menzionata..." - Remarks on the uses of the definitive article in the Greek text of the New Testament a cura di Granville Sharp. Philadelfia: B. B. Hopkins and Co., Third Edition, 1807, pagina 3.

"Del grande Dio e del Salvatore nostro Gesù".

Un'altra frangia di grecisti invece ritengono più corretto tradurre il verso come fa la Nardoni, mettendo nello stesso tempo in dubbio la validità della "Granville", diamo anche ad essi la possibilità di esporre le loro ragioni:

Per esempio nel "The Expositor's Greek Testament, Vol. IV, pagina 195, troviamo scritto:

"L'argomento grammaticale...è troppo debole per essere determinato, specialmente se si tiene conto non solo della comune assenza dell'articolo in queste epistole, ma anche della sua omissione davanti a 'salvatore' in 1Timoteo 1:1; 4:10.

In "Grammatical Insights into the New Testament (1965) di Nigel Turner invece leggiamo: "Purtroppo non possiamo essere certi che nel greco di quel periodo questa regola sia effettivamente valida".

Uno studio dettagliato teso a sostenere la tesi che nel passo di Tito si parla di due persone, il Padre chiamato Dio e il Cristo definito Signore, la troviamo in: "The Authorship of the Fourth Gospel and Other Critical Essays, Ezra Abbot, Boston, 1888, pagine 439-457. A pagina 452, leggiamo:

"Prendete un esempio dal Nuovo Testamento. In Matt.xxi.12 leggiamo che Gesù scacciò tutti quelli che vendevano e compravano nel tempio', ... [tous poloùntas kai agoràzontas.] Nessuno può ragionevolmente supporre che qui siano descritte le stesse persone nell'atto di vendere e comprare contemporaneamente. In Marco le due categorie sono distinte dall'inserzione di "tous" davanti ad "agoràzontas"; quì è tranquillamente lasciato all'intelligenza del lettore distinguerle. Nel caso in questione [Tit 2:13], l'omissione dell'articolo davanti a ... [soteros] mi sembra non presenti difficoltà, non perché "soteros" sia sufficientemente determinato dall'aggiunta di ... [hemon] (Winer), poiché, dal momento che sia Dio che Cristo sono spesso chiamati "nostro Salvatore", ... [he dòxa tou megàlou Theoù kai sotèros hemòn], se stesse da solo, si intenderebbe nel modo più naturale come riferito a un solo soggetto, cioé Dio, il Padre; ma l'aggiunta di ... [Iesoù Christoù] a ... [sotèros hemòn] cambia interamente la cosa, limitando "sotèros hemon" a una persona o essere che, secondo il consueto uso della lingua che fa Paolo, è distinto dalla persona o essere che egli designa come [ho Theòs], di modo che non c'era bisogno della ripetizione dell'articolo per evitare ambiguità".

RISPOSTA

A mio modesto avviso, anche se è forse è possibile dal punto di vista grammaticale rendere il passo come fa la Nardoni, vi sono due aspetti a mio avviso fondamentali che mi fanno protendere decisamente verso traduzioni come la NR, CEI e altre.

1) La fedeltà al testo:
Leggendo il testo greco, fra "kai" e "sotèros" non vi è nessun termine ellenico corrispondente alla nostra preposizione "del". E' vero che le opere di consultazione che ho citato e tese a sostenere la distinzione fra il "grande Dio"(il Padre) e il "Salvatore"(il Figlio), vogliono far capire che: "quando due persone sono unite da 'kai', se il primo individuo è preceduto dall'articolo determinativo non è necessario ripeterlo davanti al secondo", ma questa resta comunque un opinione, non necessariamente applicabile tutte le volte in cui nel greco neotestamentario ricorre una costruzione grammaticale analoga. Condivido sicuramente l'affermazione del prof. Alexander Buttmann, presente nella sua opera, "A Grammar of the New Testament Greek:


"Probabilmente non sarà mai possibile, né per la letteratura profana, né per il Nuovo Testamento, ridurre tutto a rigide norme che non abbiano eccezioni...".

Si, alla fine la semplice e piena fedeltà al testo è la via più sicura, ebbene la traduzione più letterale di Tito 2,13; (riporto la parte essenziale al discorso) è questa:

"... del grande Dio e Salvatore nostro Gesù ...".

E' chiaro. Il passo ci parla di una sola persona, il Cristo il quale viene chiamato sia Dio che Salvatore. Oltretutto è interessante notare come il predicato nominale "theos" è preceduto anche dall'articolo, questo vuol dire che Paolo definisce il Figlio, come "vero Dio".

2) La verità biblica.

I cristiani fin dai primissimi periodi della Chiesa hanno atteso e aspettano tutt'ora, unicamente la venuta e la manifestazione del Figlio di Dio, del Signore Gesù Cristo. Tale convinzione del popolo di Dio la troviamo presente in una moltitudine di Scritture del Nuovo Testamento a cominciare proprio dai vangeli. Il Messia stesso annunciò personalmente il suo ritorno nella gloria alla fine dei tempi. Già in (Matteo16,27); Gesù disse ai suoi discepoli che sarebbe ritornato con i suoi angeli. Addirittura sempre nel vangelo di Levi, questa volta al capitolo ventiquattro, il Salvatore ad una domanda specifica degli apostoli riguardante proprio i segni che avrebbero indicato la sua venuta, menziona prima dettagliatamente tutti gli avvenimenti che avrebbero preceduto il suo ritorno, Matteo 24,23-29; per poi concludere: "Allora apparirà nel cielo il segno del Figlio dell'uomo; e allora tutte le tribù della terra faranno cordoglio e vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nuvole del cielo con gran potenza e gloria. E manderà i suoi angeli con gran suono di tromba per riunire i suoi eletti dai quattro venti, da un capo all'altro dei cieli". Matteo 24,30-31.

Tale verità annunciata dal Cristo è stata ribadita incessantemente da esseri celesti, (Atti 1,11); da Giovanni apostolo, (Apocalisse 1,7; 22,12-16); confronta con (Giovanni 5,22); ma soprattutto da Paolo nelle sue epistole, (1Tessalonicesi 1,10; 4,16; 2Tessalonicesi 1,7-10; 2,1-8). E' oltremodo evidente. Il cristianesimo di sempre aspetta e annuncia il secondo avvento di Gesù Cristo, Si aspetta la venuta del Figlio e di lui soltanto, (Apocalisse 22,20). Di conseguenza "il grande Dio" che deve manifestarsi non può essere altri che il Verbo incarnato.
01/01/2008 16:24
 
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Re: Re: Re: Re: Re:
descubridor, 28/12/2007 19.04:






Nessuno degli autori che ti ho citato e che tratta questo passo fa riferimento alla presenza della punteggiatura.Autori trinitari.
Il motivo e' ovvio . Invocare la presenza della punteggiatura per il testo della LXX e' irrilevante.



Il fatto che non l'abbiano fatto altri, non significa che non sia una considerazione valida.



L'invocare il contesto per escludere la suddetta scrittura dalla regola di Sharp e' privo di fondamento. Infatti che dire allora della scrittura di 2PT1:1. In questo versetto voi trinitari invocate la regola di Sharp. Ma il contesto ( vers.2) parla di due persone e non una. Eppure il vers. 1 e' uno dei vostri cavalli di battaglia. Come la mettiamo?



Dove sono i due soggetti in 2 Pt 1:1? Io ne leggo uno solo "Simon Pietro, servo e apostolo di Gesù Cristo, a coloro che hanno ottenuto una fede preziosa quanto la nostra nella giustizia del nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo", i due soggetti sono nel secondo versetto in cui anche il costrutto greco è diverso "charis humin kai eirênê plêthuntheiê en epignôsei tou theou kai Iêsou tou kuriou hêmôn.. Nota la presenza del secondo articolo nell'ultima pericope.



Certo , Wallace ritiene che questa non possa essere considerata una eccezione alla regola ma quello che qui importa e' sottolineare che la scrittura viene esaminata in relazione alla regola stessa.



Interessante notare come citi un autore trinitario che arriva poi alle conclusioni opposte alle tue.



Quindi come vedi la scrittura di Prov. 24:21 c'entra eccome con la regola di Sharp, a meno di considerare il massimo revisore dello stesso Sharp un emerito imbecille.



Ho un grande rispetto per studiosi del calibro di Wallace perciò non farmi passare per ciò che non sono. Io ho solo messo in rilievo l'importana del contesto in quanto le regole grammaticali in greco non sono come le leggi matematiche o fisiche. Ci possono essere variazioni. Io ti ho solo fatto notare che dal costrutto di Pr 24:21 e dal contesto, come traduttore, non mi sognerei mai di non mettere l'articolo davanti a "basilea" in quanto tutto propende per metterlo.
Ma in Tt 2:13 che è l'argomento del 3d ci troviamo in tutto un altro contesto che sembra tu ignori volutamente.



Ma non credo arriverai a tanto.
I tuoi assunti sono quindi smentiti sia da un punto di vista linguistico sia documentale.



I miei assunti sono determinati dal contesto, perciò sempre validi.



Per quanto riguarda l'epifaneia ripeto per l'ennesima volta che il discorso l'ho impostato in un certo modo e che prima di arrivare o meglio tornare a Tito2:13 mi premeva mettere in rilievo le eccezioni alla regola di Sharp sia nella scrittura veterotestamentaria in greco sia nel greco patristico.



Il contesto di Tt 2:13 parla chiaro e te l'ho già spiegato. Ora mi vuoi spiegare tu cosa intendi per "epifaneia" in Tt 2:13? Si parla di apparizione in gloria del grande Dio. Chi deve apparire, manifestarsi in gloria?



Nel frattempo mi interesserebbe sapere la tua opinione sulle possibili eccezioni alla regola di Sharp nel greco patristico e che spero non scanserai.



Non ho conoscenza delle opere patristiche. Ogni passo però deve essere contestualizzato, perciò se siamo sempre ai canoni di Pr 24:21 le mie risposte le sai già.




01/01/2008 19:10
 
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Tito 2:13 nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo.

Ma non è Gesù che deve apparire?



01/01/2008 21:19
 
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Non mi pare una obiezione pertinente, se infatti Gesù fa parte di una trinità ALLORA la manifestazione della gloria si applicherebbe anche a Dio, poichè Gesù è anche Dio.

Ma parlando di "manifestazione della gloria" essa si può applicare tanto a Gesù che al Padre, infatti anche le scritture parlano tranquillamente della gloria del Padre, che verrà rivelata (anche) per mezzo dell'opera del suo Cristo.

Ma tutto questo è ininfluente sulla discussione circa la TNM e la sua correttezza, la regola di Sharp è ridicola e non esiste e la TNM è assolutamente autorizzata dalla GRAMMATICA a tradurre come fa.

Shalom

01/01/2008 22:18
 
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Re:
barnabino, 01/01/2008 21.19:



Ma tutto questo è ininfluente sulla discussione circa la TNM e la sua correttezza, la regola di Sharp è ridicola e non esiste e la TNM è assolutamente autorizzata dalla GRAMMATICA a tradurre come fa.

Shalom





Che argomentazione colta ed erudita! complimenti...
Meno male che abbiamo te ad istruirci; Sharp, Wallace e la stragrande maggioranza degli studiosi neotestamentari di questo pianeta ne avevano veramente bisogno.

C'è un articolo ben fatto su Sharp la cui conclusione afferma: (chi lo volesse tradurre in italiano con la giusta traslitterazione greca è il benvenuto, io non ho tempo...)

"This verse has one difficulty peculiar to itself. As Berge points out, “the exegetical problem posed by the entire phrase, tou' megavlou qeou' kaiV swth'ro" hJmw'n jIhsou' Cristou', has three possibilities: (1) Jesus Christ is the great God and Savior; (2) the great God and our Savior Jesus Christ are to be distinguished; (3) Jesus Christ stands in apposition to doxa, and tou' megalou theou' kaiV swth'ro" emon refers solely to God.”199 This third possibility, even if valid, would not break Sharp’s principle here—it would only deny that in this text Christ is called God. Few commentators actually hold to this view,200 for it seems to do such violence to taking jIhsou' Cristou' as in apposition to what immediately precedes. Nevertheless, though somewhat ancillary to our overriding concern (viz. the validity of Sharp’s rule), since this view would effectively remove Titus 2:13 from the list of passages which affirm the deity of Christ, it should be addressed briefly.201

The basic argument for this view is threefold. First, like the first view mentioned above, this approach sees the TSKS construction as referring to one person. Thus, whatever evidence can be mustered for the validity of Sharp’s rule in Titus 2:13 can be said to help this approach. Second, swthvr is often linked to qeov" (hJmw'n) in the pastorals with reference to the Father.202 It would thus seem natural to apply it to the Father in this text as well. Third, the NT uses other similar titles for Christ (e.g., ajlhvqeia, zwhv, fw'"). To see an abstract term used of Christ here would not be out of step with other early Christologies.

There are difficulties with this view, however. First, as we noted above, this reading is unnatural and overly subtle: one would expect jIhsou' Cristou' to be in apposition with what immediately precedes (viz. swth'ro" hJmw'n).203 Second, swthvr (hJmw'n) is used both of Christ and the Father in the pastorals—on one occasion, the referent changes from one verse to the next.204 If the author can shift from Father to Son in Titus 1:3 and 1:4, there can be no objection to his doing so in Titus 2:10 and 2:13. Third, the evidence for dovxa qeou' as a primitive christological title is, at best, inconclusive. Although it is possible in several texts (such as Jas 2:1; Eph 1:17; Heb 1:3), it is unlikely in all of them. In other words, we have no clear instances of dovxa used as a christological title in the NT. Without better evidence forthcoming, this view must be regarded with suspicion. It is an intriguing speculation, but little more. Titus 2:13 appears to be secure as a reference to Christ as qeov"."



http://digilander.libero.it/domingo7/Sharp%20Redivivus%20A%20Reexamination%20of%20the%20Granville%20Sharp%20Rule.htm

[Modificato da (Mario70) 01/01/2008 22:32]
01/01/2008 23:41
 
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Caro Mario,

Non esiste una sola grammatica di greco classico che riporti la fantomatica "regola" come l'ha formulata e compresa Sharp, che si basò, ricordalo, solo sull'analisi del NT. Ora, sarebbe davvero bizzarro che una "regola" della lingua greca si possa dedurre solo dal NT, come se fosse una lingua speciale! Sai, citare dal sito chiaramente apologetico di "domingo7" ha poco senso, è come chiedere all'oste del suo vino!

Piuttosto uno studioso serio (e neutrale) come BeDuhn ha spiegato in modo molto chiaro quale è il significato della "regola" che Sharp (che voleva "dimostare" la trinitarietà di Tito) pensava di aver trovato.

Carissimo amico mio, è davvero sorprendente come lo spirito apologetico può accecare e far passare persino degli eruditi (sono infatti numerosissimi i biblisti che non considerano theos rivolto a Gesù) come ignoranti!

Di fatto non esiste alcuna "regola" che imponga di considerare Theos come rivolto a Gesù, prova a cercare in qualunque grammatica.

Shalom



[Modificato da barnabino 01/01/2008 23:44]
02/01/2008 00:57
 
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Ora, sarebbe davvero bizzarro che una "regola" della lingua greca si possa dedurre solo dal NT, come se fosse una lingua speciale!



Ma lo è, come chiunque abbia compiuto degli studi di base sul greco biblico sa benissimo. Il fatto che continui a produrre apoftegmi come "la regola di Sharp è ridicola" come se non dico fossi un esperto mondiale di greco biblico ma anche appena appena conoscessi il greco scolastico non fa altro che infastidire i tuoi interlocutori, anche se ammetto che rende il tutto abbastanza esilarante da un osservatorio esterno come ormai è il mio.
Cordialità,

[Modificato da Teodoro Studita 02/01/2008 00:57]
02/01/2008 08:50
 
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Re:
barnabino, 01/01/2008 21.19:

Non mi pare una obiezione pertinente, se infatti Gesù fa parte di una trinità ALLORA la manifestazione della gloria si applicherebbe anche a Dio, poichè Gesù è anche Dio.

Ma parlando di "manifestazione della gloria" essa si può applicare tanto a Gesù che al Padre, infatti anche le scritture parlano tranquillamente della gloria del Padre, che verrà rivelata (anche) per mezzo dell'opera del suo Cristo.

Ma tutto questo è ininfluente sulla discussione circa la TNM e la sua correttezza, la regola di Sharp è ridicola e non esiste e la TNM è assolutamente autorizzata dalla GRAMMATICA a tradurre come fa.

Shalom





Non mi pare un’obiezione pertinente?
Mi domando invece se è questo il modo d’interpretare i testi basandosi esclusivamente sulla grammatica greca che per quanto importante deve necessariamente essere letta nel contesto.

Se la frase è composta da
articolo + apposizione + kai + apposizione + persona referente

rispondi che ci sono due persono ref. (non so sulla base di quale studi dal greco lo fai, ma lo fai comunque)

Beh, allora perché non guardare anche il contesto, per comprendere che chi deve “manifestarsi” è Gesù e non il Padre, e per quanto sono della stessa natura divina, non dimenticarti che operano e si manifestano anche personalmente, per cui quando Paolo parla del ritorno di Gesù, parla solo del ritorno di Gesù e non del Padre.

Ecco che allora, semmai ti potrebbe sorgere qualche dubbio sulla grammatica greca, si guarda al contesto, lasciando a casa i pregiudizi, queste sono semplici regole ermeneutiche.
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